Covid. Sardegna, navi speciali per il rientro dei positivi: è scontro sui tamponi

Sardegna, navi speciali per il rientro dei positivi. È scontro sui tamponi
di Lorenzo De Cicco e Mauro Evangelisti
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Lunedì 24 Agosto 2020, 07:05 - Ultimo aggiornamento: 16:08

«Accordo sui tamponi a chi parte dalla Sardegna? No, ancora non c'è. C'è una trattativa che prosegue». A parlare è l'assessore alla Sanità della Regione Sardegna, Mario Nieddu. Chi si aspettava un avvio rapido delle verifiche agli imbarchi sui romani che tornano dall'isola, resterà deluso. Il problema è che ogni giorno che passa aumenta il conto dei positivi che stanno rientrando dalla Costa Smeralda.

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«Ma gli untori non siamo noi», si arrabbia Nieddu, anche se questo non è il problema da affrontare, ciò che conta è fermare la marea che si sta riversando nel Lazio, ma anche nel resto d'Italia di persone che si sono contagiate nei locali glamour della Costa Smeralda. Ieri nel Lazio sono stati scoperti altri 65 rientrati dalla Sardegna con il coronavirus, il totale - solo su Roma e le altre quattro province - è già a 300, ma il flusso del rientro sta continuando. La Regione Lazio ha organizzato i controlli con i tamponi rapidi al porto di Civitavecchia, ma sono su base volontaria, mentre chiunque rientri dall'isola viene data anche l'opzione di andare a effettuare il tampone ai drive in. La tesi del presidente Nicola Zingaretti e dell'assessore alla Salute, Alessio D'Amato, è che controllando solo agli arrivi si rischia grosso, perché sui traghetti la circolazione del virus potrebbe essere intensa.

Per questo è stato prima chiesto alla Sardegna, poi al governo, di effettuare i tamponi prima delle partenze dall'isola. Il Lazio si è impegnato a un principio di reciprocità: si faranno i tamponi su chi sta partendo verso la Sardegna. L'altro giorno, per mediare, è intervenuto anche il ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia, e l'intesa sembrava raggiunta. Dunque, ci si aspettava che già oggi si cominciasse con i tamponi prima degli imbarchi in Sardegna. «Noi poniamo tre condizioni», fa sapere l'assessore Nieddu, d'intesa con il governatore Christian Solinas.
 



Quali? «La prima è che i tamponi rapidi vengano fatti dal personale dell'Usmaf». Si tratta dell'Ufficio di sanità marittima, aerea e di frontiera, che dipende direttamente dal Ministero della Salute. Spiega Nieddu: «I nostri operatori sono già impegnati nelle operazioni di tracciamento sull'isola, non ne abbiamo altri. Si muova il Ministero della Salute». La seconda condizione è che i controlli su chi sta partendo per l'Isola siano effettuati non solo al porto di Civitavecchia, ma anche in altre regioni, aeroporti compresi. Infine, il governo si deve impegnare a trovare un modo di riportare a casa i positivi che saranno trovati agli imbarchi in Sardegna. Su questo anche D'Amato è d'accordo: «Si può trovare una formula, come quella di navi dedicate». In sintesi: se uno risulta positivo dopo il tampone, rischia di restare uno o due mesi in Sardegna in attesa di diventare negativo. Sia per il diretto interessato sia per la Regione sarda non è sostenibile: in sicurezza, si cercherà il modo per riportare a casa i positivi, sempre che le loro condizioni di salute lo consentano. Bisogna fare presto, il flusso dei rientri sta proseguendo al ritmo di 5-6.000 romani al giorno.

I VOLI
L'altro fronte sono gli arrivi da Grecia, Spagna, Croazia e Malta. Da una settimana negli aeroporti di Roma sono previsti i tamponi rapidi allo sbarco. Ma quasi un passeggero su due evita il controllo. «Il 60% dei viaggiatori si sottopone al tampone in aeroporto, il restante 40% va via», racconta Pier Luigi Bartoletti, responsabile dell'Uscar, l'unità speciale dei tamponi della Regione Lazio. Non c'è l'obbligo di fare il test subito dopo il volo, ma entro 48 ore bisogna andare in uno dei 19 drive-in sanitari allestiti in parchi e ospedali. «Ma il 90% dei passeggeri che viene qui ha un link con la Sardegna, pochi con Grecia e Spagna», spiega Enrico Di Rosa, dirigente a capo dei controlli per la Asl Roma 1. Anche al porto di Civitavecchia, dopo il primo giorno di tamponi, solo in 600 su quasi 3mila sbarcati hanno accettato di fare l'esame Covid sul posto.
 

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