Coronavirus, irritazione Oms: «Non avete capito dov’è il focolaio»

Coronavirus, irritazione Oms: «Non avete capito dov è il focolaio»
di Mauro Evangelisti
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Domenica 23 Febbraio 2020, 01:00 - Ultimo aggiornamento: 14:50

Non sappiamo come si sia sviluppato il focolaio del contagio del coronavirus nel Lodigiano, non sappiamo come si sia originato quello della provincia di Padova. L’Italia è il paese europeo con più infetti (59), ma ancora non ha completato le schede informative che definiscono la rete della diffusione del virus in due regioni così importanti come Lombardia e Veneto. Per i sistemi sanitari regionali si tratta di una situazione molto delicata, perché senza conoscere il paziente zero ogni forma di prevenzione e limitazione della diffusione del contagio rischia di essere inefficace.

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Per questo, anche all’Organizzazione mondiale della Sanità sta crescendo l’irritazione: la carenza di certezze su quanto è successo in Lombardia e Veneto rischia di rappresentare il punto debole della battaglia contro la diffusione del contagio in Europa. Anche altre nazioni si sono trovate a dovere affrontare l’arrivo di un “super diffusore”, come il cittadino inglese tornato da Singapore che ha contagiato undici connazionali in Francia e nel Regno Unito. Ma in quel caso, il paziente zero è stato individuato subito e non è stato necessario isolare intere aree. E non ci sono certezze, forse la rete di protezione è ormai bucata. Si tratta di un paradosso, visto che l’Italia è stato il Paese che da subito ha deciso le contromisure più severe, bloccando dall’oggi al domani tutti i voli diretti con la Cina. E proprio nelle due regioni che vantano sistemi sanitari considerati (a ragione) un esempio positivo - Lombardia e Veneto - ora si fatica semplicemente a ricostruire la geografia del contagio, senza la quale ogni risposta rischia di essere insufficiente. Secondo la commissaria europea alla Salute Stella Kyriakides, le autorità italiane hanno comunque agito «rapidamente» per contenere la diffusione della Covid 19, comunicando in modo «trasparente», la Commissione Europea è «pronta» a fornire «ogni supporto possibile».

AFFANNO
Un altro tema è quello delle risorse. Economiche e umane. Se l’emergenza dovesse prolungarsi ancora a lungo, il sistema sanitario non reggerà, a partire dal personale in prima linea. Negli ospedali si stanno pagando anche un prezzo salato in questa battaglia, visto che in diversi casi tra i contagiati ci sono medici e infermieri. E poi c’è il nodo degli esami. Non c’è tanto, o non solo, il problema della carenza di kit per eseguire i test del tampone faringeo che rileva la presenza del coronavirus. Certo, c’è anche questo, visto che ormai c’è una moltiplicazione delle richieste di svolgere esami in quasi tutta Italia, tanto che la Regione Lazio, per evitare una carenza del materiale, ha fatto nuovi ordinativi.

C’è anche un utilizzo massiccio di risorse umane, perché i tecnici dei laboratori analisi stanno lavorando senza sosta, non solo allo Spallanzani di Roma, ma anche nelle aree del Veneto e della Lombardia dove ci sono i primi due focolai italiani per il Sars-CoV-2. La moltiplicazione degli esami potrebbe far mancare i kit. Per questo la proposta del governatore del Veneto, Stefano Zaia, di sottoporre al test tutti i residenti di Vo’ Euganei, il paese della provincia di Padova dove abitava Adriano Trevisan, la prima vittima italiana, ha provocato delle divisioni. All’Istituto superiore della Sanità c’è stato chi ha fatto notare che se si applicasse lo stesso principio in tutte le aree interessate dal contagio, il sistema andrebbe in tilt. Le procedure, che fino ad oggi avevano dato buoni risultati con la vicenda dei due turisti di Wuhan ma anche con la famiglia di Taiwan, hanno puntato su una rapida indagine per individuare tutti i contatti delle persone contagiate, non su una applicazione indiscriminata della politica dei test.

DETECTIVE
Per capire: una squadra speciale di medici-detective della Regione Lazio, quando c’erano stati i primi contagiati, aveva in modo certosino ricostruito tutti i passaggi, dal viaggio in aereo alle tappe in Italia, della coppia di turisti di Wuhan. In questo modo è stato circoscritta l’area di azione, sono stati sottoposti al test sul coronavirus coloro che avevano avuto contatti stretti con i due contagiati e decine di persone sono state messe in isolamento. Il Veneto invece ha deciso: a tutta la popolazione di Vo’, che ha circa 4.000 abitanti, verrà offerta la possibilità di sottoporsi al test per il Covid-19. Ma in questa direzione, dunque verso un ricorso allargato ai test, si stanno muovendo anche altre regioni. Ieri Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna, ha spiegato che tutti i pazienti affetti da polmonite ricoverati negli ospedali di quella regione saranno sottoposti al test tampone per il coronavirus.
 

 
 

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