Più di 12 ore di camera di consiglio. Sono trascorse le 23, quando i giudici della I corte d'assise di Roma tornano nell'aula bunker di Rebibbia per pronunciare la sentenza: per Finnegan Lee Elder e Gabriel Natale Hjorth sono stati condannati è l'ergastolo. La pena più pesante per l'omicidio volontario del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega, ucciso con undici coltellate nella quartiere Prati, a Roma, nel luglio 2019. In prima fila ad ascoltare le parole dei magistrati, la moglie di Mario, Rosa Maria Esilio.
Capelli rossi raccolti, abito nero.
IL PROCESSO
Era «un uomo buono che stava lavorando», ed è morto «per una grave ingiustizia», colpito da una raffica di coltellate «sferrata in meno di trenta secondi», aveva detto durante la sua requisitoria la pm Maria Sabina Calabretta, chiedendo, insieme all'aggiunto Nunzia D'Elia, il carcere a vita per i due imputati. A infliggere materialmente i colpi è stato Elder, che ha confessato di avere pugnalato il carabiniere. Ma, come Natale, ha puntato sulla tesi della legittima difesa: i giovani americani hanno dichiarato di non essersi accorti nell'immediatezza che Cerciello e Varriale erano carabinieri.
«Pensavamo fossero due criminali», avevano spiegato gli imputati. «Cerciello è morto solo per mano di due assassini - aveva invece sottolineato l'accusa - non per concause, ma non deve accadere di ucciderlo un'altra volta. Per lui, strappato ai suoi cari per sempre, devono parlare tutte le cose che abbiamo ricostruito». Se Elder aveva confessato di avere inflitto i fendenti, per il pm «il ruolo di Natale è egemonico: lui organizza tutto, prima, durante e dopo l'omicidio. Lui ha attivato Elder, ha visto Cerciello a terra, ha sentito i suoi gemiti. In albergo come se niente fosse ha aiutato Elder a nascondere il coltello». Per il pm quella messa in atto contro i carabinieri dai due ventenni è stata una vera e propria «aggressione, un attacco sproporzionato e micidiale: un'azione univoca», con la sola finalità di «uccidere». E ancora: «L'ergastolo non è un trofeo da esibire ma una giusta pena, davanti a fatti così tragici nessuno vince e nessuno perde».
Cerciello, l'imputato racconta: «Coltellate con due mani, così l'ho ucciso»
Opposta la ricostruzione fatta dalle difese dei giovani imputati, che all'epoca avevano 19 anni. Per agli avvocati Roberto Capra e Renato Borzone, difensori di Finnegan Lee Elder, doveva essere riconosciuta la legittima difesa, perché i carabinieri, in borghese, non avevano mostrato i tesserini. «Questa sentenza rappresenta una vergogna per l'Italia con dei giudici che non vogliono vedere quello che è emerso durante le indagini e il processo. Non ho mai visto una cosa così indegna. Faremo appello - ha detto l'avvocato Borzone - Qui c'è un ragazzo di 19 anni che è stato aggredito». «È una sentenza ingiusta, errata e incomprensibile», ha invece l'avvocato Petrelli. «È una sentenza severa ma corrispondente al delitto atroce che è stato commesso, una pena adeguata alla gravità del fatto, i due imputati non hanno dato nessun segno di pentimento», ha dichiarato invece l'avvocato Franco Coppi, legale di parte civile della famiglia del vicebrigadiere.
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