Tasse e multe, flop della riscossione, Roma taglia i fondi per i servizi

Dalle tasse alle multe, flop della riscossione: i maxi-tagli di Roma
di Andrea Bassi e Lorenzo De Cicco
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Venerdì 19 Luglio 2019, 01:14 - Ultimo aggiornamento: 20:38
Trasporti: -368 milioni. Sicurezza e ordine pubblico: -137 milioni. Politiche sociali: -127 milioni. Servizi istituzionali e Anagrafe: -404 milioni. E ancora, -125 milioni all’istruzione, -40 milioni all’Ambiente, via 27 milioni per la cultura, altri 14 milioni per il comparto del commercio e dello sviluppo economico, 52 milioni per l’«assetto del territorio» e le questioni abitative. È tutto annotato in una delibera approvata lo scorso 10 luglio dalla giunta di Virginia Raggi. Una scure che si abbatte sulla «cassa» del Campidoglio, cioè la cifra che l’amministrazione della Capitale può effettivamente spendere per pagare i servizi. Una cifra che si determina di volta in volta tenendo conto di alcuni fattori: gli stanziamenti previsti (in gergo tecnico si chiama: «previsione di competenza»), i residui (cioè i crediti non riscossi e i debiti da saldare) oltre agli investimenti vincolati. Gli stanziamenti previsti non sono cambiati. Il problema riguarda il resto. Perché a Roma, l’anno scorso, sono aumentati sia i crediti non incassati, i cosiddetti «residui attivi», sia i debiti da saldare, i «residui passivi». Risultato: la «cassa» va adeguata. E il Comune la aprirà molto di meno rispetto a quanto aveva previsto per il 2019-2021.

PALETTI E RIDUZIONI
Il maxi-taglio è frutto dei nuovi principi contabili per gli enti locali approvati da qualche anno. Una riforma che aveva uno scopo preciso: evitare che i Comuni gonfiassero le spese utilizzando come contropartita entrate “fittizie”, ossia inserite nei conti ma di riscossione quasi impossibile. Così dal 2015 è stato introdotto il principio della «competenza finanziaria potenziata», una sorta di bilancio di cassa, che obbliga a spendere solo i soldi che sono davvero entrati nelle casse. Se riscuote l’Imu, la Tasi, la Tari, le multe, le tariffe per le occupazioni di suolo pubblico, e così via, il Comune può spendere. Se vanta solo crediti, no. Questi crediti sono registrati nei conti sotto la voce «residui attivi». Il Campidoglio, dopo un riaccertamento terminato ad aprile, ne ha a bilancio oltre 7,9 miliardi di euro al 31 dicembre 2018. Un boom rispetto all’anno prima, quando invece la quota dei crediti non riscossi si attestava a 7,5 miliardi. Una cifra già alta - le riscossioni flop sono un vecchio problema di Roma - ma più leggera di 350 milioni di euro. Insomma, il dato del 2018 non è proprio un indice impeccabile della capacità di farsi pagare i tributi dai propri cittadini. Dunque, in base alle regole contabili, i pagamenti devono essere ridotti. Esattamente quello che ha fatto il Campidoglio con la delibera appena pubblicata.
Col bilancio 2019-2021, il Campidoglio aveva previsto, alla voce «spese» 19,4 miliardi, a fronte di entrate da 21 miliardi. Con la delibera della settimana scorsa, si passa a 16,3 miliardi di entrate e 14 miliardi di «spese». In realtà, il taglio è minore di quello che sembra, perché per 4 miliardi si tratta di partite di giro. Ma il resto no. L’assessorato al Bilancio, ieri, rassicurava: «La variazione di cassa non incide sugli stanziamenti previsti, né sulla capacità di pagamento. Non si fa altro che modificare le previsioni per l’anno in corso depurandole dei pagamenti o degli incassi che non sono più dovuti o esigibili». Dicono in Campidoglio: «La cassa è sufficiente a pagare gli impegni e il fondo cassa finale è positivo». Ma le carte parlano chiaro. Nero su bianco. Alla voce «spese», tolte le partite di giro di cui si diceva, si registra una «diminuzione» di almeno 1,3 miliardi. In tutti i settori più delicati. Dalla Tutela ambientale, insomma rifiuti e ambiente (-40,2 milioni), ai malandati trasporti (-368 milioni). O per il commercio e lo sviluppo economico (-14 milioni). Spesa in diminuzione di 74 milioni anche per gli «interventi per l’infanzia e gli asili nido», altre diminuzioni alle spese per anziani (-11 milioni), disabili (-6,4 milioni) e famiglie. 
 
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