L'inchiesta di queste settimane invece, ha preso in esame un gruppo di lavoratori anonimi di Cognizant, società californiana che impiega un migliaio di persone come moderatori, con uno stipendio da meno di 30 mila dollari l'anno, contro i 240 mila guadagnati da un interno di Facebook. Ma non è solo la retribuzione il problema sollevato dai dipendenti, e neanche gli orari di lavoro, nonostante la brevità delle tre pause accordate. Ma la routine di controllo dei post, che secondo le testimonianze raccolte si svolgerebbe senza un'accurata formazione e neanche un adeguato sostegno psicologico, come invece l'azienda ha dichiarato in un documento del luglio scorso, in cui garantiva supporto di specialisti e altri benefit legati al benessere. E poi un altro fattore altamente stressante, il fattore quantità/qualità, determinante per il prosieguo del contratto di lavoro.
Ogni moderatore, infatti, deve conoscere le linee guida di Facebook – un dossier di 15 mila parole - da applicare ai post da eliminare. Per ogni post ci sono al massimo 30 secondi di tempo per decidere, perché in una giornata di lavoro se ne visionano a centinaia. Se il moderatore ha una percentuale di affidabilità che scende sotto il 95% rischia il licenziamento. Dopo la pubblicazione dell'inchiesta di The Verge, Facebook ha pubblicato nella sua Newsroom un articolo di chiarimento delle condizioni contrattuali dei moderatori assunti da aziende esterne, spiegando di voler aumentare il controllo delle qualità di questi lavoratori.
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