«Voler vivere di creatività. Dopo dieci anni alla Baxter come Human Resource Manager, ho capito che non era più il mio mondo. Vedevo e vedo tutt'ora il lavoro come una cosa che mi deve gasare; aver aperto C'era due volte mi ha cambiato la vita, ma se ripenso a cinque anni fa, quando ero all'inizio del cammino, mi tremano le gambe».
Rifarebbe tutto da capo?
«Quella di lasciare il certo per l'incerto è stata una scelta sofferta, l'ansia e il senso di precarietà all'inizio non mi lasciavano sola. Il primo anno di libera professione avrò dormito sì e no due notti. Eppure non tornerei mai indietro. Se sei abituata al bonifico mensile, l'incertezza del lavoro autonomo ti travolge l'esistenza e ti cambia la testa, ma in meglio».
Cosa l'ha spinta a rivoluzionare la sua vita?
«La mia fortuna è stata aver avuto un capo con cui confrontarmi. Inizialmente il mio ruolo nella multinazionale farmaceutica americana era strategico e delicato, ma al ritorno dalla seconda maternità è stato, come dire, ridimensionato. Dopo l'ennesimo file excel in cui valutavo e analizzavo i pro e i contro del salto nel vuoto, ho sentito intensamente che le mie esigenze non matchavano (non abbandona mai il gergo manageriale, ndr.) più con quelle dell'azienda. Ironia della sorte, i ruoli si sono capovolti: oggi la Baxter è diventata un mio cliente: organizzo i Christmas Campus per i figli dei dipendenti!».
È moglie e madre di tre bambini. In famiglia l'appoggiano tutti?
«All'epoca mia madre la prese malino: ancora piange! Ma se non ci fosse stato mio marito Fabrizio a supportarmi e sopportarmi da subito, nulla di tutto questo sarebbe potuto accadere. Gli sarò eternamente grata. È lui a vivere il carico gestionale più grosso: segue i ragazzi nello sport, li porta alle feste dei compagni di classe e va ai colloqui con i maestri. A molti risulta ancora incredibile che sia lui a farlo e non io, eppure è un segno dell'evoluzione dei tempi».
E i suoi ragazzi cosa ne pensano?
«Sono entusiasti. Matilde ha dieci anni, Michelangelo sette mentre l'ultimo arrivato Edilu ne ha compiuti sei. Edilu quando gli chiedono chi sia si presenta così: Sono il figlio di C'era due volte. Per loro la libreria è una stanza in più, un'appendice di casa, anche perché è proprio davanti la loro scuola. Spesso vengono a fare merenda qui, ma non restano: trovo poco professionale lavorare con i propri figli».
Nel 2013 una donna che apriva un'attività commerciale a Conca d'Oro poteva risultare un evento. Come è stata accolta?
«C'era due volte esiste e resiste proprio perché fa parte di una realtà di quartiere. Con le mamme ormai ci conosciamo tutte, c'è sintonia ma solo quando i negozianti mi hanno aggiunto nella loro chat di WhatsApp, ho capito di avercela fatta: ero una di loro!».
Prima di entrare in Baxter ha seguito un master in risorse umane alla Bocconi e uno stage alla Technogym. La libreria ne ha giovato?
«Molto, tra la definizione di obiettivi annuali e questionari di gradimento, in un primo momento i ragazzi mi prendevano in giro (Benedetta ha tre dipendenti e quattro collaboratori), ma ora anche se piccola, la struttura viene gestita con ordine e secondo precise procedure. E così le persone crescono, acquistano competenze e lavorano in autonomia».
Cosa ha imparato da questa seconda vita?
«Ho capito che bisogna fare rete e credere in se stesse. Il senso di libertà che scaturisce dal mettere in pratica un'idea è unico. E inizia a piacermi».
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