E' morto Boskov, vinse lo scudetto con la Sampdoria e allenò la Roma

Vujadin Boskov
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Domenica 27 Aprile 2014, 19:32 - Ultimo aggiornamento: 30 Aprile, 19:36

Addio a Vujadin Boskov. L'allenatore che ha vinto uno scudetto con la Sampdoria nel '91 e che ha guidato anche la Roma, da tempo malato, morto oggi a 82 anni. I suoi funerali si svolgeranno a Begc, vicino a Novi Sad, in Serbia dove è nato, martedì.

Boskov, amato per la sua simpatia, era famoso anche per molte frasi colorite dette nelle interviste del dopo partita in un italiano un po' incerto. Scolpita nella memoria di tutti è rimasta soprattutto la celebre "rigore è quando arbitro fischia". In Italia il suo nome è legato comunque allo storico scudetto conquistato dalla Sampdoria nel 1991.

Uno degli allenatori più istrionici che la storia del calcio ricordi, ma anche un vincente. Un maestro di vita, un mostro d'ironia, tanto simpatico quanto pittoresco, ma anche sarcastico. Irresistibile e inimitabile. Il grande allenatore serbo, che il 16 maggio avrebbe compiuto 83 anni, se n'è andato, dopo una lunga malattia, in una domenica di calcio.

Boskov amava sdrammatizzare e, quando ad esempio parlava del fantasista Benito Carbone, ripeteva: «Con sue finte disorienta avversari, ma pure compagni». Celebre anche la sua faccia impietrita quando a Bari, nel bel mezzo di una polemica con Roberto Mancini - ripresa dalle telecamere a bordo campo - esclamò: «Chi ha sbagliato? Pagliuca?», proprio mentre il Mancio - da poco sostituito - lo apostrofava, parlando con il compagno Invernizzi.

«Grandi squadre fanno grandi giocatori. Grandi giocatori fanno spettacolo e migliore calcio», era un altro aforisma che lo resero immortale, personaggio a ogni latitudine. E che dire di «partita finisce quando arbitro fischia», che tirava fuori quando qualche cronista gli chiedeva un commento su un gol subito oltre il 90'?

Allenatore molto amato, in Italia come all'estero, il serbo Boskov, prima di guidarla dalla panchina alla conquista dello scudetto, è stato centrocampista della Sampdoria, esordendo in Serie A il 27 agosto 1961 (vittoria per 2-0 a Torino, contro la Juve). Dopo 15 anni, 512 presenze e 20 gol messi a segno nel Vojvodina, dopo 57 partite con la Nazionale jugoslava (dal 24 giugno 1951 al 19 giugno 1958, con due Mondiali e un'Olimpiade), Boskov collezionò 13 presenze in Italia, prima di chiudere la carriera nello

Young Fellows.

Ha vinto dappertutto: in Olanda (Den Haag), in Spagna (Real Madrid) e in Italia. Prima di essere chiamato da Paolo Mantovani, nella Sampdoria, si sedette sulla panchina dell'Ascoli (una retrocessione in B e una promozione immediata in A), chiamato da Costantino Rozzi. Due personaggi senza bisogno di autore. Nel 1986 il ritorno a Genova, in una Samp che stava costruendo qualcosa d'importante. Nel 1989, Boskov perse una finale di Coppa delle Coppe contro il Barcellona e, proprio contro i blaugrana, rimediò un'altra storica beffa, due anni più tardi, a un minuto dai rigori della finale di Champions, quando Ronald Koeman superò Pagliuca con una punizione delle sue, gelando i genovesi che avevano affollato il vecchio Wembley. Un'altra Coppa dei Campioni se l'era vista scippare nel 1981 dal Liverpool, quando allenava il Real Madrid.

Con la Samp, oltre allo scudetto conquistato il 19 maggio 1991, grazie al 3-0 rifilato al Lecce, ha vinto due Coppe Italia, una Coppa delle Coppe (1989/90, nella stagione dello storico tris italiano in Europa), ma anche la Supercoppa italiana nel '91 contro la Roma, di cui l'anno dopo occuperà la panchina. Guidò anche il Napoli e poi tornò nella Samp, prima di chiudere la propria carriera, salvando il Perugia.

«Boskov oltre che un grande allenatore era anche un grande personaggio», dice Gianluca Pagliuca, intervistato telefonicamente da Sky, parlando del suo ex allenatore, con cui vinse uno scudetto alla Sampdoria. «Sapevo che era malato da tempo - dice ancora l'ex portiere della Samp - ma ora sono addolorato, perché se ne va una persona che mi ha dato tanto. La sua bravura era quella di sdrammatizzare dopo le sconfitte e di criticarci dopo le vittorie, quando andava sempre a cercare il pelo nell'uovo per darci ulteriori stimoli. Prima degli allenamenti c'era sempre la riunione tecnica - ricorda ancora Pagliuca - e lui era una sagoma, e un grande psicologo. A volte faceva dei versi e ci faceva morire dal ridere».

«Sono davvero addolorato. Per me era come un padre», le prime parole di Sinisa Mihajlovic, tecnico della Sampdoria ed ex giocatore di Vujadin Boskov. «È stato un maestro, un esempio, sul piano calcistico e anche sul piano umano, una di quelle persone che non vorresti mai lasciare e quando se ne vanno lasciano un vuoto incolmabile», dice l'allenatore. «Di sicuro non lo dimenticherò - aggiunge Mihajlovic -: insieme abbiamo condiviso diverse esperienze che porterò per sempre con me. Vujadin resterà una persona unica, inimitabile, una leggenda del calcio serbo e un mito per ogni sampdoriano. Partirò domani per la Serbia per rendergli l'ultimo saluto, quello che merita un grande uomo, di sport e di vita, come è stato lui».

«Vogliamo ricordarti così. Ciao grande Vuja. Unico e inimitabile Vujadin Boskov»: così la Sampdoria sul suo profilo Twitter ha ricordato l'allenatore serbo.


«Un grande tecnico, un fiero avversario, un uomo speciale. Ciao mister. La Juventus si unisce al cordoglio per la scomparsa di Vujadin Boskov»: così la Juventus ricorda via Twitter Boskov.

«La vittoria a San Siro con l'Inter e il 3-2 in rimonta in casa contro la Lazio tra le emozioni delle due stagioni con noi. Ciao mister Boskov»: è il tweet del Napoli che ha voluto ricordare così la figura di Boskov, allenatore del Napoli dal 1994 al 1996.

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