“Prossima fermata Fruitvale Station”: il film sul caso che sconvolse l'America

Prossima fermata Fruitvale Station
di Gloria Satta
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Lunedì 17 Febbraio 2014, 21:23 - Ultimo aggiornamento: 21:47
Una storia vera che ha scosso l’America, un piccolo grande film che vinto tutti i premi possibili: esce in Italia “Prossima fermata Fruitvale Station” diretto da Ryan Coogler e interpretato dal bravissimo Michael B. Jordan, Melonie Diaz, Octavia Spencer.

Ilmessaggero.it presenta in esclusiva il trailer del film che è stato prodotto con appena due milioni di dollari dal premio Oscar Forrest Whitaker e ha trionfato al Sundance Festival, ha vinto il Prix de l’Avenir a Cannes, i Gotham Awards ed è tre volte candidato agli Spirit Awards, i riconoscimenti del cinema indipendente che si assegnano un giorno prima dell’Oscar. In America “Prossima fermata Fruitvale Station” è stato distribuito dal potente produttore Harvey Weinstein.



La storia. Il film racconta le ultime ore di vita di Oscar Grant, un ventiduenne di Bay Area, vasta zona metropolitana della California settentrionale, ucciso a sangue freddo dalla Polizia in una stazione della metro nella notte di Capodanno del 2008. Prima che la tragedia si compia, il giovane esce di casa deciso a dare una svolta positiva alla propria vita: vuole essere un figlio migliore per sua madre, un compagno più onesto per la sua donna, un padre finalmente presente per la loro bambina. Sul suo cammino, Oscar incontra amici, parenti e conoscenti e, anche se non è facile rimettersi in carreggiata, tutto sembra andare per il verso giusto. Poi, il colpo di pistola fatale sparato da un poliziotto che ha perso la testa: la morte assurda di Oscar, ripresa con i telefonini da numerosi testimoni, sconvolgerà non solo la comunità di Bay Area ma tutta l’America.



Il regista. “Mi trovavo proprio a Bay Area nei giorni dell’accaduto e sono rimasto profondamente turbato”, racconta Ryan Coogler. “Avevo la stessa età di Oscar, i suoi amici somigliavano a miei e il pensiero che l’episodio fosse accaduto nella mia zona mi distruggeva. Così ho deciso di raccontare questa storia sullo schermo: innanzitutto perché fatti del genere non potessero più accadere, e poi perché il pubblico si avvicinasse il più possibile al protagonista che era innanzitutto un essere umano. A questo scopo, un film è molto più efficace di un documentario”.
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