Grand Budapest Hotel, il film ripercorre in modo divertente e bizzarro la storia europea del '900

Una scena di Grand Budapest Hotel
di Fabio Ferzetti
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Giovedì 10 Aprile 2014, 14:49 - Ultimo aggiornamento: 12 Aprile, 22:24

Un paese che non esiste, una Mitteleuropa a fumetti sognata dall’autore dei Tenenbaum nel suo stile sgargiante e inconfondibile. Un racconto a scatole cinesi che parte oggi e torna fino agli anni 30 perché malgrado il tono lieve, i colori accesi, le star innumerevoli, questa favola tutta azione e humour parla di memoria, di trasmissione del sapere, insomma di eredità. Con un candore quasi infantile ma chiazzato di sesso e morte, come se solo così il texano Wes Anderson potesse cogliere i lati oscuri di un'epoca che conosce solo grazie a libri, film, foto, disegni.




Un trionfo di invenzioni e divertimento, dunque, sospeso come l'immaginaria repubblica di Zubrowska nel regno della fantasia,ma bagnato di realtà: dopo i fasti della Belle Epoque quell'immenso albergo termale in cima ai Sudeti ha visto infatti passare le offese della guerra, le ingiurie dei nazisti, il grigiore del socialismo reale. Ma anche le folli avventure del tenero Gustave (Ralph Fiennes), maître d'hotel sempre impeccabile e molto disponibile con le clienti mature, dunque erede universale di una contessa devota e decrepita (l’irriconoscibile Tilda Swinton).

E perseguitato, alla morte di lei, dai suoi parenti filofascisti. Che cercano soprattutto un prezioso quadro del Rinascimento, rubato dal maître e sostituito con un dipinto sporcaccione di Schiele (del quale nessuno conosce il valore...). In un crescendo di avventure, stramberie, invenzioni visive, che incanterà chi ha amato Moonrise Kingdom eFantastic Mr. Fox.

Ed ecco, fra inseguimenti su ogni possibile mezzo (auto, treni, moto, sci, funivie), confraternite di maître d'hotel, delitti sempre compiuti con sprint e eleganza, affacciarsi divi in ruoli anche minimi ma tutti da assaporare, come i pasticcini preparati da Saoirse Ronan, così belli e inviolabili che servono a portare in carcere ferri da evasione. Mentre intorno, avvolti nei costumi inarrivabili di Milena Canonero, sfilano Willem Dafoe protonazi, Jeff Goldblum avvocato azzimato, Adrien Brody avido erede, Edward Norton sbirro sensibile, Harvey Ketitel galeotto pelato. Tutti sospesi allo sguardo di un debuttante assoluto, illobby boy Tony Revolori, che da vecchio diventerà F. Murray Abraham. Frivolo, malinconico, irresistibile.

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