Le grandi ali del missionario

Papa Giovanni Paolo II arriva all'aeroporto di Balice, vicino Cracovia
di Stanislaw Dziwisz
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Venerdì 18 Aprile 2014, 18:17 - Ultimo aggiornamento: 27 Aprile, 00:56
difficile ancora oggi portare il conto delle tante definizioni che, via via, nel corso di 27 anni di pontificato hanno cercato di inquadrare al meglio la personalit di Giovanni Paolo II : “Papa della sofferenza”, per la commovente testimonianza personale resa al mondo; “Papa della pace” per l’incessante predicazione di solidarietà e concordia tra i popoli; “Papa delle grandi folle” per lo straordinario seguito di fedeli in ogni angolo del pianeta. Un Papa con uno straordinario anelito missionario capace di entrare in comunione con tutti i popoli.



Si calcola che Karol Wojtyla abbia percorso in 25 anni di magistero petrino oltre un milione e centosessantamila chilometri; vale a dire 29 volte il giro dei mondo, tre volte il percorso Terra-Luna! Una distanza impressionante. Ha macinato chilometri e chilometri e ne sanno qualcosa i vaticanisti che lo hanno seguito nel corso degli spostamenti.

Durante il primo periodo di pontificato Giovanni Paolo II riusciva a visitare anche quattro o cinque Paesi alla volta. Spesso erano trasferte faticose, eppure lui sembrava non stancarsi mai, voleva conoscere, recarsi personalmente sui posti, farsi raccontare, parlare senza intermediari con le persone. Ogni essere umano che incontrava costituiva un dono. A volte si trattava di compiere lunghi tragitti in auto, su strade non sempre agevoli. E’ accaduto in Africa, in America Latina. Giovanni Paolo II faceva inserire nel programma ufficiale, anche all’ultimo minuto, nuove tappe. Era fatto così. Entusiasta, caloroso, appassionato di Cristo e dell’uomo.



Sono tantissime le immagini e i gesti che riportano alla mente lo straordinario legame tra Papa Wojtyla e le folle. Ricordo con emozione la folla oceanica che lo attendeva a Manila, nelle Filippine, o l’abbraccio affettuoso ricevuto nello stadio di Casablanca, in Marocco, dove fu il primo pontefice a parlare davanti a tanti giovani musulmani. Erano 80 mila. Il discorso pronunciato in quell’occasione viene considerato una pietra miliare nel dialogo islamo-cristiano; questa visita, non a caso precedette di un anno lo storico incontro delle religioni ad Assisi, nell’ottobre 1986. Artefice della visita in Marocco fu l’allora re Hassan II (padre dell’attuale Mohammed VI); in quel periodo le relazioni tra l’Occidente e il mondo arabo-musulmano erano ben diverse da ciò che divennero dopo l’11 settembre 2001. Il clima era bellissimo e di festa. Viaggiare per Giovanni Paolo II era un atto di umiltà. Papa Wojtyla ha incarnato, con i suoi viaggi, la figura dell’umile pellegrino eternamente in cammino verso i traguardi della pace, della giustizia sociale e della comprensione tra i popoli, purtroppo ancor oggi rimasti drammaticamente irrisolti. E’ stato in Africa decine di volte, in Asia, in Australia, in Oceania, in America del Nord e del Sud.



Soffermarsi all’immagine del Papa viaggiatore non basta però per capire il suo spirito. Uno spirito alimentato solo dal Vangelo. A spingerlo era una grande forza interiore: egli desiderava trasmettere la gioia del cristianesimo e comunicarla ai popoli. Gli uomini sono stati il suo sorriso, simbolo di un ottimismo originato da un’autentica attenzione a un mondo sfaccettato, attraversato da tensioni, interrogativi, sfide. In diverse occasioni Giovanni Paolo II ha descritto cosa significasse per lui viaggiare, e quale fosse il senso profondo delle visite compiute ai Paesi e alle comunità locali. Diceva che il Papa «viaggia, sostenuto, come Pietro, dalla preghiera di tutta la Chiesa, per annunciare il Vangelo, per confermare i fratelli nella fede, per consolare la Chiesa, per incontrare l’uomo».



Ogni viaggio ha goduto di ampia risonanza, a partire dalla prima trasferta in Messico, nel 1979. Subito dopo andò in Polonia: a Cracovia e a Varsavia è voluto tornare diverse volte; nel 2000 ha compiuto un pellegrinaggio alle sorgenti della fede in Israele. Ha toccato diverse nazioni a maggioranza musulmana: Tunisia (1996), Libano (1997), Siria (2001), Marocco (1985) Nigeria (1998). Ha visitato due volte l’India, altra nazione a maggioranza non cristiana. E’ stato un convinto europeista e non ha mancato di visitare quello che chiamava essere il polmone dell’Est: Ungheria, Albania, Lituania, Lettonia ed Estonia, Croazia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Sarajevo; un particolare rilievo hanno rivestito nel 1999 le trasferte in Romania e Georgia, entrambe di tradizione ortodossa.



Difficile, infine, dimenticare la visita a Cuba e l’incontro con Fidel Castro, e nel 2000 quella in Terra Santa. Emozionò il mondo la preghiera davanti al Muro del Pianto e la riflessione silenziosa allo Yad Vashem. Viaggiare più che una brillante intuizione è stato il modo per rivelare la Parola, per diffonderla, con un occhio di riguardo ai giovani per i quali ambiva a grandi progetti. Quando Giovanni Paolo Il pensò all’istituzione della Giornata Mondiale della Gioventù, aveva in mente non un’iniziativa ma un progetto dagli orizzonti ampi, un modo per rendere organica e, in un certo senso costitutiva, la loro “chiamata” al cuore del pontificato. Dovevano essere i giovani a segnare il passaggio della Chiesa nel nuovo millennio. Ecco perché viaggiava con il cuore gonfio di speranza. Cosa che ha fatto finché la salute glielo ha permesso. «Non abbiate paura, spalancate le porte a Cristo».
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