termini demografici, dell’Italia. Se Checco Zalone consiglia Zoran, il mio nipote scemo, non è per nobiltà d’animo. È perché le avventure ad alto tasso alcolico dell’ingombrante Paolo (Battiston al suo meglio storico), una specie di Lebowski friulano e irrancidito, hanno un orizzonte antropologico non troppo lontano da quello del comico di Capurso (15.396 anime per la cronaca).
Linguaggio schietto, tendente alle folgori del dialetto. Gusto della verità, anche sgradevole. Capacità di vedere ciò che tutti negano per ipocrisia, spingendo le situazioni al punto di rottura. Anche se l’esordio del goriziano Oleotto non è un film comico ma un’insolita, preziosa commedia "slow" (come slow food) centrata sull’incontro esplosivo di due gran personaggi. Paolo il brontolone che beve per dimenticare tutto, il paese angusto, la moglie che lo ha lasciato (da cui va regolarmente a pranzo, peraltro), i colleghi, le osterie dove tutti annegano sogni e pensieri. E Zoran, l’occhialuto nipotino sloveno che gli piomba fra capo e collo con il suo esilarante italiano aulico e un bagaglio di goffaggini e timidezze che scioglierebbe una roccia. Anche se l’irascibile zio apprezza solo il suo talento più assurdo. Quello che lo rende imbattibile a freccette e ne fa, in potenza, un’autostrada verso il successo. Con esiti, anche sentimentali, imprevedibili. E un gusto sanguigno per tipi, storie, tic, ambienti, che ci mostra cosa sa fare il nostro cinema quando esplora le zone meno battute. Anche del Paese.
Zoran, il mio nipote scemo
Commedia drammatica, Italia, 106’
di Matteo Oleotto, con Giuseppe Battiston, Rok Prašnikar, Teco Celio, Roberto Citran, Marjuta Slamic
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