Bonino e Polverini al Messaggero:
i programmi delle candidate a confronto

Emma Bonino e Renata Polverini al Messaggero (foto Francesco Toiati)
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Venerdì 26 Marzo 2010, 16:35 - Ultimo aggiornamento: 24 Aprile, 23:41
Mezzogiorno di fuoco ieri al Messaggero per le due candidate governatrici del Lazio, Emma Bonino e Renata Polverini. Arrivate in redazione per il forum sulle regionali 2010 di domenica e luned prossimi. Accolte dal direttore Roberto Napoletano e dai vicedirettori Stefano Barigelli e Alessandro Barbano hanno risposto per un’ora alle domande dei giornalisti, tutte centrate sui programmi. Dopo una campagna durante la quale s’è parlato d’altro la sfida finale finalmente riguarda i contenuti e le ricette per il futuro di Roma e del Lazio. Prima e più urgente emergenza, curare il grande deficit della Sanità.



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Eccole, una accanto all’altra, le due candidate alla regione Lazio. Emma Bonino e Renata Polverini si sfidano sui programmi.



Cominciamo dai temi principali: sanità e rifiuti. Ci sono tre cose concrete che vi impegnate a fare nei primi 90 giorni?



Bonino: «Sulla sanità ci sono due cose da fare in contemporanea. La prima: rifare il piano sanitario perché è scaduto in base ai criteri stabiliti dalla conferenza Stato Regioni il 3 dicembre. Voglio fare questo piano consultando tutti, con gli stati generali della salute e della sanità. La seconda: rinegoziare col Governo i criteri del disavanzo. C’è un sottodimensionamento di quattrocentomila utenti, come dice anche il Commissario. A causa di questo, ci sono trasferimenti minori da parte del Governo. Va anche inserito il criterio di scorporare le spese di ricerca e di formazione dei cinque policlinici. Potremmo così diminuire il disavanzo. Ci farebbe uscire dal commissariamento il più presto possibile. E’ un negoziato, ma credo che vada avviato».



Polverini: «Il piano alternativo a quello di rientro che è attualmente in vigore è nel mio programma. Il primo punto è la salute dei cittadini. Noi siamo pronti, da subito, ad applicare il nostro piano di rientro e di riorganizzazione generale del sistema sanitario, che ho chiamato rivoluzione. Dico questo perché nel corso della campagna elettorale ho visitato oltre quaranta strutture sanitarie e ho raccolto tutte le indicazioni, non soltanto degli operatori e delle professionalità impegnate nell’ambito della sanità, ma anche dei cittadini. Le nostre priorità sono eliminare gli sprechi, abbattere le liste di attesa, potenziare i presidi sul territorio e l’assistenza domiciliare e orientare tutte le risorse verso una umanizzazione del servizio sanitario. Ho visto cose indecenti: persone in barella da diversi giorni, pazienti privati di una stanza, di un letto e della mobilità fisica».



Un punto nevralgico nella sanità è la spesa farmaceutica, che rappresenta il 16% della spesa totale. Un rapporto della Guardia di Finanza ipotizza un danno erariale rilevante di 277 milioni. Basta pensare che la Regione paga ogni anno un mutuo di 360 milioni per il debito pregresso. Ne discendono tre questioni. 1)Che rapporto pensate ci debba essere tra la politica e i manager, e i direttori generali delle Asl. 2) Non ritenete che ci siano pochi controlli, cioè che nella sanità da questo punto di vista si è fatto troppo poco? 3) Cosa pensate di fare?



Polverini
: «Partiamo da un dato importante: il consumo pro capite dei farmaci nel Lazio, registrato nei primi nove mesi del 2009, è pari a 196 euro, a fronte di una media italiana di 173. Quindi c’è un utilizzo e una spesa farmaceutica superiore alla media del resto del Paese. Naturalmente questo ha comportato anche l’introduzione di alcune misure punitive per i cittadini, a riprova di un sistema che non è efficiente nè facilmente accessibile. Nel mio programma si prevede un organismo indipendente che controlla e monitora i costi, che farà capo al presidente e che dovrà controllare la spesa durante tutte le fasi a partire dal momento della sua formazione. Se continuiamo a limitare i controlli a valle della spesa, qualsiasi piano di rientro sarà inefficace. Per quanto riguarda la spesa farmaceutica, ci sarà il rafforzamento della governance e del sistema informativo. Ma soprattutto dobbiamo arrivare a far collaborare tutti a un processo che ci possa portare a somministrare i farmaci nelle giuste dosi, dai medici di famiglia alle farmacie. Riguardo al danno erariale, la vicenda della quale la Corte dei Conti si è occupata fa riferimento a quattro mesi della giunta di centrodestra e a quattro anni e mezzo della giunta di centrosinistra, che non ha applicato una legge nazionale, non approvando una delibera regionale che obbligava all’applicazione di sconti che non sono stati utilizzati. Per quanto riguarda le nomine dei manager, saranno fatte soltanto sulla base del merito e della professionalità. Andremo anche a mutuare dall’estero sistemi virtuosi: per esempio, vedremo se ci sono le condizioni per fare una valutazione comparativa dei titoli. Una cosa è certa, i direttori delle aziende sanitarie che selezioneremo dovranno migliorare e rendere efficiente il servizio e soprattutto facilmente accessibile».



Bonino: «Sulla spesa farmaceutica: ho letto i vostri articoli, ma non gli atti dell’inchiesta. Ho visto però la relazione del vicecommissario che spiega molto bene come per l’ennesima volta siamo di fronte a un problema di legalità. La legge sul nuovo sistema è del 2001, l’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) fa il regolamento nel 2004, la Regione fa la sua legge il 14 luglio 2006. In sintesi: dal 2001 non si è visto nulla. Il sistema entra in funzione a dicembre 2006 e lo stesso vicecommissario dice che cominciamo a vedere i grossi risparmi, con i 64 milioni di euro sulla spesa farmaceutica. Siamo nel tipico caso italiano di una legge che nessuno applica per anni e che se applicata invece comincia a dare dei frutti. Veniamo ai manager e al controllo del loro operato. L’intera questione del monitoraggio e del controllo manca culturalmente in Italia in tutti i settori. E’ più grave sulla sanità perché è la spesa più alta. Abbiamo avuto, dal 2002 al 2005 per esempio, una questione di legalità: le Asl non hanno neanche presentato i bilanci. Penso a un organismo terzo, per quanto riguarda controlli e monitoraggio. Stabiliti gli obiettivi, servono meccanismi di premialità o sanzione. Sulle nomine dei manager: la legge prevede ad oggi che i direttori generali delle Asl li sceglie, li nomina, la politica. Finché non si cambia la legge è così. Però c’è modo e modo di nominarli, alcune pratiche europee possono essere molto utili: ad esempio, curriculum pubblici in rete. La trasparenza aiuta l’onestà e aiuta anche il merito. Questa parte metodologica sarà la più complicata, perché le resistenze saranno notevoli».



Pronto Soccorso e ospedali sono sovraffollati perché manca il filtro dei medici di base e della guardia medica. Il cittadino che sta male va al Pronto Soccorso. Ecco, come pensate di intervenire?



Bonino: «I cittadini oggi finiscono in ospedale o al pronto soccorso, perché non hanno alternative. Bisogna tornare agli ospedali per gli acuti e ai pronti soccorsi per le emergenze. Per altri tipi di necessità servono risposte differenti. Esempio: a piazzale Istria ho visitato una cooperativa di medici di famiglia che insieme fanno da cuscinetto e da filtro. Sono aperti anche il sabato e la domenica per tutte quelle piccole richieste che non richiedono l’ambulanza. I medici di famiglia potrebbero essere di turno il sabato e la domenica come le farmacie. Penso anche a un aumento della guardia medica ove necessario. Ma ci sono altri strumenti: l’infermiere scolastico. Ancora: vanno tutti in ospedale perché non c’è l’assistenza familiare, non ci sono altre possibilità di servizi sociali sul territorio, che sono meno cari e più umanizzanti. Se un posto letto costa in media 800 euro al giorno, una badante legalizzata 900 euro al mese. Però credo che sia per diminuire la spesa sanitaria, sia per umanizzare il trattamento, questo equilibrio tra acuzie e attività sociali sia indispensabile. Il secondo equilibrio da raggiungere è tra Roma e i territori. Solo così si può arrivare a ridurre la spesa sanitaria e a un servizio più umano per i cittadini. Questo vorrà dire la riconversione di ospedali in day hospital o in hospice. Non sarà una passeggiata, l’appoggio dei cittadini informati su ciò che faremo sarà indispensabile».



Polverini: «Il mio programma prevede l’integrazione dei medici di medicina generale, un passaggio fondamentale della rivoluzione che intendo operare nel sistema sanitario. I medici di base debbono finalmente diventare il punto di riferimento per tutti i cittadini del Lazio. Per fare questo naturalmente occorre prevedere azioni concrete, come l’istituzione di nuclei delle cure primarie della medicina generale, nei quali la disponibilità dei medici e della guardia medica sarà garantita tutti i giorni, compresi i festivi. Abbiamo, inoltre, inserito nel pacchetto di iniziative sull’integrazione sociosanitaria l’istituzione dell’infermiere di famiglia, che dovrà assistere le famiglie colpite da una malattia o da una patologia importante o comunque invalidante, che hanno bisogno non soltanto di cure in una prima fase ospedaliera, ma anche di un percorso di riabilitazione. Questa figura accompagnerà il paziente, ma anche la sua famiglia, che oggi troppo spesso viene lasciata in una giungla di strutture, nelle quali è difficilissimo trovare assistenza adeguata. Per altro l’infermiere di famiglia è indicato dall’Organizzazione mondiale della sanità e già operante in molti Paesi dell’Unione Europea. Oggi si ricorre all’ospedale non perché effettivamente ce ne sia bisogno, ma perché non ci sono strutture alternative. C’è da rimappare tutta la rete delle fragilità, perché abbiamo un sistema sanitario che non risponde ai cambiamenti demografici dei nostri territori. Io ho visitato un ospedale in un quartiere che ha avuto un grande sviluppo urbanistico con un’altissima presenza di bambini: ma ha un reparto pediatria assolutamente sottodimensionato. Così come ho visitato un quartiere dove c’è invece una forte presenza di persone anziane ma con un ospedale che non ha disponibilità di posti di geriatria. Quindi c’è da rimappare tutta la rete delle fragilità, in base anche alle nuove esigenze dei territori, perché il piano indiscriminato di tagli di posti letto e di chiusura di ospedali ha portato purtroppo a un ulteriore impoverimento di quelle che erano le già poche risorse in campo sanitario distribuite nei territori del Lazio. Al di là della trasformazione delle strutture, ci sono alcune questioni, come quella della ridistribuzione dei pronto soccorso: questi vanno restituiti ai territori che altrimenti rimangono isolati e non possono rispondere a situazioni di difficoltà».



Adesso parliamo di rifiuti. Nel Lazio è terminato il commissariamento però la situazione è difficile. Da anni si rinvia la chiusura della discarica di Malagrotta, che anche quest’anno resterà aperta. Si tratta di trovare un sito alternativo e discutere il piano regionale dei rifiuti che al momento prevede quattro impianti di termovalorizzazione. E’ la strada giusta, per voi?



Polverini
: «Intanto ricordiamo che Marrazzo è stato commissario all’ambiente e che si era dato un obiettivo di raccolta differenziata del 50% entro il 2011. Oggi forse a malapena si raggiunge il 15-16%. Non ci dimentichiamo che c’è un disastro ambientale in alcune realtà del nostro territorio, a cominciare dalla Valle del Sacco. Nel mio programma c’è un osservatorio sugli impianti di smaltimento esistenti, al quale parteciperanno tutti gli stakeholders, cioè tutte le persone che intorno a quegli impianti vivono e che sono interessati ai loro territori, comprese le associazioni, i consorzi e i Comuni. Malagrotta è una discarica che lavora in deroga, al di fuori di quelli che sono i parametri imposti dalla legge nazionale e dalla legge comunitaria. Quindi è in una situazione di illegalità. Ci sarà un programma di insediamento territoriale, per arrivare alla localizzazione degli impianti, anche questo partecipato dagli stakeholders: Quindi ci saranno degli organismi, dei luoghi dove tutto questo verrà concertato. Naturalmente prevediamo il potenziamento della raccolta differenziata, incrementando la modalità porta a porta, che è in funzione nel centro di Roma e che sta dando importanti risultati. Ma soprattutto si premieranno quei Comuni che daranno in termini di raccolta differenziata risposte importanti. Ci sarà l’approvazione di un piano regionale che riduca la produzione dei rifiuti, che favorisca quindi la vendita di prodotti sfusi e il vuoto a rendere. Ma soprattutto verranno stipulati accordi con le società di distribuzione e di produzione, per evitare imballaggi che oggettivamente creano una produzione di rifiuti ingombrante e molto spesso anche inutile. Se noi mettiamo a sistema una filiera dei rifiuti diversa, dalla produzione allo stoccaggio, allo smaltimento, probabilmente tutti i ragionamenti che abbiamo fatto fino a qui possono essere superati, compreso quello della costruzione del quinto impianto».



Bonino: «La Regione è uscita con questa giunta da un lunghissimo commissariamento durato dal ’99 al 2008. C’è un piano rifiuti in fase di consultazione a Bruxelles. E’ un piano valido e va applicato. Ho sentito Alemanno dire che ci vuole un quinto termovalorizzatore e che quindi non sceglierà un nuovo sito per una nuova discarica: significa che Malagrotta, già prorogata e illegale, starà aperta per altri tre o quattro anni. Non è un gran bel modo di fare. Alemanno nel 2008 ha detto: bisogna trovare una nuova discarica per non finire come Napoli; ha chiesto all’Ama di predisporre, entro il 2009, un’alternativa. Oggi se ne esce con l’idea che invece Malagrotta continua per altri tre anni, in attesa di un quinto termovalorizzatore. A parte il fatto che siamo in una situazione in cui neanche Colleferro è a pieno regime. Abbiamo un piano, non mi sembra francamente intelligente ricominciare a rimetterlo in discussione, peraltro dicendo, sottinteso, che Malagrotta durerà per altri tre o quattro anni. Io mi attengo al piano. Con due elementi aggiuntivi. Il primo: un meccanismo di sanzione e premialità ai Comuni per la raccolta differenziata: oggi siamo a una quota miserrima, c’è chi dice 15, chi 16, chi 19 per cento. Per la raccolta differenziata, le Regioni danno i soldi, ma spetta ai Comuni intervenire. E Roma sta al 12 per cento. Forse un qualche sforzo in più lo poteva fare. L’altra questione è gigantesca, non solo per il Lazio: la riduzione dei rifiuti a partire dagli imballaggi. Una piaga non solo nazionale»



Molte delle proposte di cui abbiamo parlato finora richiedono finanziamenti, debbono cioé essere pagate da qualcuno. L’80% della spesa delle Regioni è assorbita dalla sanità; poi c’è un problema generale di spesa pubblica, quindi di difficoltà. Pensate a qualche manovra per recuperare le risorse che vi servono? E come intendete muovervi dovendo anche stimolare lo sviluppo, a partire dalle infrastrutture, e contemporaneamente fronteggiare l’emergenza occupazione?



Bonino: «La Regione può, nei limiti del bilancio, fare delle iniziative sul sociale, di riduzione della povertà. Questa Regione è l’unica in Italia che ha fatto una legge sul reddito minimo garantito. Sulle risorse: ci sono trasferimenti che devono arrivare dal Governo. Sblocchiamoli. La Regione ha un credito rispetto al Governo nazionale di 3,2 miliardi: 1,7 miliardi sono condizionati ai progressi sulla riduzione del disavanzo della sanità, 1,5 miliardi sono puri crediti che il Governo non ha trasferito e che peraltro sono quelli che consentirebbero, per esempio, di pagare le imprese non a 600 giorni. Riguardano parte dell’Irap del 2007, parte dell’Irap del 2008 e tutta l’Irap del 2009. La seconda questione: bisogna utilizzare lo strumento del project financing. La ferrovia Roma-Viterbo può andare in calendarizzazione nei primi cento giorni: in project financing. Sono convinta che in molti settori o andiamo in situazione di co-finanziamento dei privati oppure, se aspettiamo tutto dal pubblico, non andremo da molte parti. Sulle infrastrutture c’è un problema di sblocco del Cipe: la Roma-Latina, la Civitavecchia-Orte... Il Cipe però ha detto che sul Lazio fa tutto dopo le elezioni, non so se vuole vedere chi vince. Il terzo elemento, che non darà redditi, ma che secondo me può dare una serie di proventi, è la riduzione delle agenzie, più in generale una semplificazione delle strutture della Regione. In termini simbolici, ma non solo, c’è poi la riduzione dei costi della politica. Faccio un esempio: i consiglieri regionali hanno il vitalizio a 55 anni. Trovo che almeno allinearsi a deputati e senatori non sia un così grande sacrificio. Infine, credo che come ha fatto il presidente Fini per la Camera anche la Regione debba rendere tutto pubblico: ad esempio l’elenco delle aziende di servizio. Rendendo tutto pubblico scopriamo anche dove sono le sacche di sprechi. Ma sul lavoro, sui precari, la Regione, non essendo un’isola indipendente, si interfaccia con le politiche nazionali. Faccio un esempio: nel piano c’era la stabilizzazione dei precari della sanità che poi è stata bloccata invece dalla legge finanziaria».



Polverini: «Il dato interessante è che il disavanzo del Lazio è stato coperto dalla fiscalità aggiuntiva regionale, perché paghiamo le addizionali Irap e Irpef più care d’Italia, e dall’utilizzo dei fondi Fas, che dovrebbero essere orientati ad altro: infatti 420 milioni di euro sono andati ad assicurare quella copertura. Il forte impegno del presidente del Lazio deve essere da subito orientato non solo a rimodulare il sistema sanitario ma, attraverso questo, a liberare anche risorse che debbono essere orientate verso altri segmenti della nostra economia. Naturalmente prevedo tutta una serie di opere, dagli interventi infrastrutturali al piano casa, dove c’è una disponibilità di capitale privato a fronte di regole che la Regione può mettere in campo. Molte risorse, ad esempio, si possono recuperare dall’abbattimento dei costi della burocrazia. Per esempio, nel campo della sanità, le Asl, che oggi sono 12, passeranno immediatamente a 8, per arrivare a 6 nell’ambito della legislatura. Questo comporterà anche una revisione di tutti quegli strumenti, di tutte quelle società su cui la Regione oggi può contare, che molto spesso servono soltanto per mettere in campo ulteriori poltrone e ulteriori stipendi, ma non sono utili al sistema né economico e né sociale. Sul piano dell’occupazione la Regione può fare tanto: intanto impostando una serie di priorità sui territori dai quali vogliamo ripartire. Sugli ammortizzatori sociali, la Regione può integrare il reddito di chi ha perso recentemente il lavoro: sicuramente la mia Regione lo farà, anche sulla base delle difficoltà delle famiglie e quindi premiando maggiormente quei lavoratori che hanno un nucleo familiare in maggiore difficoltà economica, che hanno più carichi familiari. Ci sono anche altre misure che ho messo in campo per la stabilizzazione dei lavoratori precari, premiando quelle imprese private che stabilizzano per esempio lavoratori over-35 che già da almeno tre anni si trovano in condizioni di instabilità. Anche la formazione professionale può essere utilizzata non per continuare a finanziare i “corsifici”, come qualcuno li definisce, ma per riqualificare e ricollocare i lavoratori in difficoltà, come i lavoratori over-50 che hanno perso il posto di lavoro. Insieme al mondo dell’università e delle aziende, possiamo inoltre mettere a punto un sistema che vada a formare quelle professionalità delle quali la nostra regione, il nostro sistema produttivo ha bisogno».



Parliamo di trasparenza. Sappiamo che i presidenti della Regione dispongono di cospicui fondi per spese di rappresentanza. Siete pronte a rendere pubbliche le vostre spese? Magari su Internet?



Polverini
: «La mia vita è talmente pubblica, alla luce del sole, che penso che anche le spese di rappresentanza potranno essere assolutamente accessibili a tutti. Questo doveva accadere anche prima, perché è un tema importante, che ha ricadute importanti sul disagio vissuto da molti cittadini quando guardano un personaggio pubblico e in particolare un politico. Secondo me è un’operazione di trasparenza assolutamente necessaria».



Bonino: «Noi l’abbiamo fatto credo un po’ in solitudine con l’anagrafe pubblica degli eletti. Se andate sul sito trovate anche i pochi fondi di rappresentanza che ho come Vicepresidente, trovate esattamente come, dove, quando li uso. Intendo continuare, ma è un già fatto».



Una domanda tutta politica: senatore Bonino, il Partito Democratico ha subìto o ha scelto Emma Bonino? Nello schieramento che la sostiene ci sono delle diffidenze, che rapporto avrà col Pd?



Bonino: «Io sono una Radicale, contenta e orgogliosa di esserlo. Sono anche molto contenta che si sia creato questo schieramento che mi sostiene. Per parafrasare grandi visionari e grandi realizzatori che hanno l’ambizione non tanto di coalizzare stati ma di coalizzare popoli, dico che ho l’ambizione di coalizzare non tanto partiti ma le persone. Le diffidenze e le differenze ci sono, altrimenti io sarei iscritta al Pd e loro sarebbero Radicali, o Verdi, o chi per esso. Abbiamo lavorato bene nelle differenze, mi appresto a fare con grande determinazione la presidente della Regione. Con le prerogative della presidente della Regione. A cominciare dalla scelta degli assessori. Vorrei aggiungere: nel mio schieramento c’è una lista civica che io apprezzo molto, ma la mia lista di riferimento è la lista Bonino Pannella. E, infine, una vittoria comune la vogliamo celebrare: ragazzi, è finito il nucleare in questo paese. Che è una battaglia comune. Cota non lo vuole in Piemonte, Formigoni non lo vuole in Lombardia, la Toscana ha già detto no, l’Emilia ha già detto no, Zaia non lo vuole in Veneto, Berlusconi ha detto che non lo vuole in Puglia, noi non lo vogliamo nel Lazio, rimane l’Abruzzo. Mi pare una bella vittoria».



A Renata Polverini chiediamo: lei è stata vista, almeno all’inizio, come indicazione più di Gianfranco Fini o comunque di An. Si sente in grado di rappresentare tutte le differenti anime del Pdl? E, se vincesse, quanto le sarà difficile governare non essendoci in lista gli esponenti più importanti del Pdl romano?



Polverini: «Io sono stata indicata dal Popolo della libertà il 16 dicembre, con un ufficio politico che ha deciso all’unanimità, quindi sono espressione di tutte le forze che compongono il Pdl. Questo lo rivendico con orgoglio. A seguire ho costruito una coalizione importante, che mi sostiene, e credo di aver superato bene le difficoltà che sono arrivate in questa campagna elettorale dalla mancata presentazione della lista del Pdl nella provincia di Roma. Intanto voglio chiarire che nelle altre province la lista del Pdl è presente. Il partito ha deciso, in assenza della sua lista su Roma e provincia, di votare la mia lista civica. Una lista fatta di persone per bene, che io conosco, che hanno dimostrato negli anni di occuparsi di cose concrete e di saper dare delle risposte vere. Ci tengo a dire che ho apprezzato molto l’impegno dei tanti candidati della lista del Pdl che stanno facendo insieme a me una campagna elettorale importante, entusiastica, e che dimostrano di appartenere alla politica con la “P” maiuscola. Sono persone che non inseguono poltrone ma un progetto di cambiamento e di rinnovamento della Regione Lazio attraverso la mia elezione. Naturalmente mi avvarrò di personalità importanti per la gestione e per la mia azione di governo, ma anche della professionalità, della competenza e dell’esperienza politica di tante persone che nel Pdl hanno dimostrato in questa regione appunto di saper fare politica con la “P” maiuscola».



(a cura di Mauro Evangelisti, Claudio Rizza, Fabio Rossi)

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