Massimo Martinelli
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Web e carta stampata/ L’informazione in pericolo e la tutela necessaria

Web e carta stampata/ L’informazione in pericolo e la tutela necessaria
di Massimo Martinelli
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Mercoledì 2 Settembre 2020, 00:34 - Ultimo aggiornamento: 16:11
I primi segnali erano arrivati dagli Usa, nel 2017. In questi giorni il fenomeno è stato registrato anche da questa parte dell’emisfero: gli utenti in cerca di informazioni si fidano sempre di più delle notizie pubblicate sui quotidiani cartacei e sempre di meno di quelle che compaiono sui social media. Ne ha dato notizia l’Economist, che ha pubblicato la ricerca di uno dei principali osservatori inglesi sui servizi di comunicazione, Ofcom, che ogni anno conduce una ricerca sulle piattaforme di informazione preferite dagli utenti britannici. E ogni anno la risposta era stata più o meno la stessa: la fonte di informazione preferita era la tv, seguita dalla carta stampata e dai social media, sostanzialmente in condizione di parità. Quest’anno è andata diversamente: per la prima volta, dopo una crescita costante che sembrava inarrestabile, il numero di utenti britannici che si informano utilizzando i social media è sceso dal 49% al 45%. E anche la loro opinione sugli stessi social media è diminuita.

Questo dato rende opportuna una riflessione sulla tutela del diritto d’autore, che nel nostro Paese e non solo sta dimostrando tutta la sua fragilità. Si tratta di un fenomeno rilevante, considerati i dati che la Fieg e l’Agcom hanno reso pubblici e che quantificano i danni che ne derivano nella misura di circa 25 milioni l’anno. Ma al di là del dato economico, già di per sé significativo, occorre soffermarsi sulla matrice del problema. Da un lato, c’è la libertà della rete che può e deve essere tutelata, ma non può e non deve dare spazio agli abusi e agli arbìtri di pochi “furbetti” in danno di altri. 

Dall’altro lato, c’è il diritto dell’autore di un’opera dell’ingegno a vedere riconosciuta l’originalità del prodotto che ha creato, pur senza superare i limiti che la legge assegna all’esclusivo utilizzo della creazione intellettuale. Come sempre, quando si tratta di valori entrambi riconosciuti dal sistema normativo, il bilanciamento diviene necessario e presenta aspetti interpretativi a volte delicati, a meno che non si sconfini in comportamenti fraudolenti come quelli che si assume stiano emergendo da una recente indagine condotta dalla Procura di Bari.

La libertà di comunicazione nella rete sta acquisendo certamente dimensioni crescenti e socialmente apprezzabili, se si considera che essa consente di raggiungere e coinvolgere nella condivisione di una notizia fasce di popolazione sempre più ampie. Essa deve però pur sempre confrontarsi col mondo delle regole ed aver presenti alcuni caveat. In primo luogo, l’origine “aperta” della notizia e la sua sconfinata capacità di diffusione devono rendere particolarmente attenti e cauti rispetto ad informazioni che, non filtrate da soggetti qualificati, potrebbero dar luogo ad una serie infinita di fake news. Inoltre, occorre avere ben chiara la distinzione tra l’informazione che potremmo definire immediata e condivisa e la notizia elaborata da professionisti della stampa, che spesso ha le caratteristiche di un’analisi.
La prima, si identifica con la diffusione della notizia a beneficio di uno sterminato numero di lettori, limitandosi a riportare i dati oggettivi e svolgendo un’utile funzione sociale di allargamento della platea di soggetti informati. La seconda rappresenta una elaborazione intellettuale del giornalista che la filtra, la commenta, ne trae spunti critici, la trasforma in un vero e proprio prodotto dell’ingegno. Mentre dunque è giusto che il primo tipo di informazione circoli liberamente, è altrettanto giusto che l’articolo elaborato da un professionista sia tutelato dal diritto d’autore.

Eppure questa seconda categoria “nobile” di informazione, che indubbiamente deve essere considerata un prodotto dell’ingegno, viene quotidianamente sfruttata – e dunque indebolita – dal traffico illecito di quotidiani e riviste attraverso i canali social dei più disparati sistemi di messaggeria. Il fenomeno che è particolarmente preoccupante per una serie di motivi che talvolta sfuggono agli stessi fruitori finali del prodotto che viene diffuso illecitamente. Il “furto di giornali”, come viene ormai definito, va infatti a colpire proprio una categoria di professionisti, quelli dediti alla carta stampata, che non solo svolgono una funzione da sempre ritenuta socialmente apprezzabile, ma lo fanno anche attraverso schemi elaborativi e mezzi di comunicazione profondamente diversi da quelli della rete. Sottrarre risorse – anche economiche – a quel processo produttivo significa indebolire fortemente una fonte di informazione che si sta confermando come la più attendibile tra quelle a disposizione. E significa metterne a rischio lacapacità di continuare a svolgere un fondamentale servizio di garanzia per il cittadino.

Occorre dunque che siano tutti consapevoli – da chi utilizza con leggerezza le copie illegali fino alle autorità che sono preposte al controllo di legalità – che si tratta di un fenomeno che va arginato perché rischia di produrre danni irreparabili a quel mondo della stampa di cui sempre più persone apprezzano la qualità e che comunque nessuno vorrebbe veder scomparire sotto i colpi di una condotta che oltre a rappresentare una concorrenza sleale, configura un reato.
 
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