Ruben Razzante
Ruben Razzante

Le tante incognite dei social a pagamento

di Ruben Razzante
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Sabato 21 Ottobre 2023, 00:35

L’ipotesi che i social diventino a pagamento ha turbato i sonni di molti utenti compulsivi che non riescono proprio a farne a meno ma che forse li abbandonerebbero se fossero costretti a pagare per usarli. La questione è bollente, non solo per chi trascorre gran parte delle sue giornate sui social, ma anche per gli stessi colossi della Rete, ormai di fronte alla necessità di diversificare i ricavi, stante la contrazione progressiva degli introiti pubblicitari a livello mondiale.


Meta, infatti, sembra voler proporre un abbonamento per l’accesso ai suoi social Facebook e Instagram, anche per rispondere alle richieste sulla privacy avanzate dall’Europa. L’accesso gratuito potrebbe essere riservato a chi accetta di ricevere pubblicità personalizzate, mentre per non essere disturbati da suggerimenti di acquisto potrebbe diventare necessario pagare una somma di circa 10 euro al mese per un account Facebook o Instagram su desktop e di 6 euro per ciascun account aggiuntivo.  Sono costi indicativi, perché per i dispositivi mobile è già previsto che il prezzo salirebbe a 13 auro al mese a causa delle commissioni applicate dagli store di app di Apple e Google.


Al di là degli importi si tratta comunque di un radicale cambiamento del modello di business, che tuttavia dovrà fare i conti con le normative europee emanate negli ultimi anni e che muovono nella direzione di porre dei limiti alla capacità delle aziende di sfruttare i dati personali degli utenti per confezionare pubblicità personalizzate. 
Un evento passato quasi inosservato, all’inizio dell’anno, ha visto protagonista il Governo irlandese, che ha sanzionato Meta con una multa di 380 milioni di euro per non aver richiesto il consenso degli utenti per elaborare pubblicità comportamentali a partire dai loro percorsi di navigazione. Sempre nella scia di un orientamento restrittivo nei confronti delle big tech in materia di privacy, a luglio 2023 la Corte di Giustizia Europea ha ritenuto quell’azienda non autorizzata a sfruttare i dati personali degli utenti oltre ciò che è strettamente necessario per fornire i suoi prodotti principali. 


Meta peraltro, dal 25 agosto scorso, si è anche dovuta adeguare al divieto di pubblicità personalizzata a minori o basata su dati sensibili come etnia, sessualità e orientamento politico, a seguito dell’entrata in vigore del Digital Services Act. Invece potrebbe trovare più complessa la compliance rispetto all’altro Regolamento Ue, il Digital Markets Act, che vieta alle big tech di trattare dati personali provenienti da diverse aziende e associate a differenti servizi.

Va peraltro detto che Meta e X hanno già lanciato profili “premium” a pagamento e anche TikTok sta proponendo la possibilità di effettuare una sottoscrizione per rimuovere le pubblicità presenti sul social, ma solo quelle pubblicate direttamente dal social non quelle legate alle campagne marketing effettuate dagli influencer.


Meta potrebbe quindi essere soltanto un apripista, uno dei protagonisti di un cambiamento che in realtà coinvolgerà non solo i social network ma anche tutte le imprese che fino a questo momento hanno sfruttato la pubblicità personalizzata per prosperare in Rete.  Se, dunque, l’interrogativo che verrà di fatto posto a ogni utente è se voglia farsi profilare o se sia disposto a pagare per non ricevere pubblicità, ciò significa che finora le piattaforme hanno profilato e basta, senza preoccuparsi di tutelare la privacy degli internauti e monetizzando l’utilizzo dei loro dati. È l’ennesima ammissione di quanto abbiamo sempre saputo e sottovalutato: nulla è gratis nello spazio virtuale, perché il nostro costo per i servizi offerti dalle big tech è la rinuncia alla sovranità sui nostri dati, la cessione più o meno ampia del nostro controllo su di essi.


C’è, tuttavia, un rovescio della medaglia. Se i social diventassero a pagamento, gli utenti diventerebbero rintracciabili e forse questo potrebbe porre un freno al dilagare dei reati online e delle offese in Rete. C’è chi prevede, però, che l’introduzione di un abbonamento per l’accesso ai social possa far perdere alle piattaforme fino al 90% degli utenti, con conseguente dimagrimento della mole di informazioni, idee, opinioni che attualmente circolano sui social.  In ogni caso l’ultima parola spetterà all’Ue, che potrebbe anche bocciare la proposta di Meta o addirittura imporle di assicurare servizi gratuiti anche agli utenti che dovessero rifiutare la pubblicità. L’auspicio è che i nuovi equilibri dell’economia digitale, evidentemente in via di definizione, senza penalizzare la libertà d’impresa possano comunque rafforzare i diritti degli utenti e assicurare un armonico sviluppo della democrazia della Rete.

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