Welfare, la via maestra è la sanità con i privati. La spinta per un modello integrato

Urgente la riforma del Ssn. Gigliotti (UniSalute): «Lo Stato non può e non deve fare tutto»

Welfare, la via maestra è la sanità con i privati. La spinta per un modello integrato
di Marco Barbieri
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Venerdì 28 Aprile 2023, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 19 Maggio, 15:30

Il sorpasso è avvenuto più o meno nei mesi della pandemia. La preoccupazione degli italiani per le prestazioni sanitarie ha superato i timori a riguardo della congruità del prossimo assegno previdenziale. Salute batte pensione? Tutte le indagini sul welfare confermano una crescente richiesta di salute, che vuol dire discreta sfiducia verso le coperture offerte dal Sistema sanitario nazionale (Ssn) e una progressiva richiesta di sanità privata, almeno per ridurre i tempi di attesa per visite ed esami, per poter ricorrere a specialisti, per poter fruire di cure odontoiatriche e magari per poter fare prelievi ed esami di laboratorio anche al sabato o alla domenica. Secondo una recente ricerca di Mefop il 49% degli italiani è convinto che il Ssn non basta.

LA CARICA DELLE PMI

Se ormai sono circa 15 milioni gli italiani che si rivolgono alla sanità integrativa lo si deve in gran parte alla spinta offerta dal welfare integrativo contrattuale, di categoria o aziendale. Nell’ultimo Rapporto Welfare Index Pmi promosso da Generali Italia si legge che «le imprese che hanno attuato iniziative aggiuntive a quelle previste dai contratti nazionali di lavoro nell’area della salute sono aumentate, nel corso degli anni, dal 35% nel 2017 al 42,2% nel 2022. Per l’assistenza si è assistito a una crescita ancora più rilevante, raggiungendo un tasso di iniziativa del 28,8% nel 2022 (+21,5 punti in 5 anni). La pandemia Covid ha contribuito a fare della salute un valore centrale nella gestione aziendale: nell’affrontare l’emergenza molte imprese si sono poste come punto di riferimento per i lavoratori e per le loro famiglie». Il welfare aziendale si mostra quindi un fattore potente di innovazione in tutti i sistemi del welfare nazionale. «E sfatiamo il mito che la sanità integrativa dreni risorse fiscali: è il contrario. Dovremmo contabilizzare tutti i benefici prodotti dalle prestazioni erogate dal privato» commenta Giovanna Gigliotti, ad di UniSalute la maggiore compagnia assicurativa (gruppo Unipol) specializzata nell’offerta sanitaria. «La sanità integrativa è una realtà consolidata nel mondo del lavoro, non solo nella contrattazione collettiva nazionale, ma anche nella contrattazione di secondo livello. Le organizzazioni sindacali, insieme alle parti datoriali stanno riconoscendo, infatti, sempre più il valore delle prestazioni sanitarie integrative per i dipendenti e i loro familiari. Soprattutto dopo l’esperienza del Covid è cresciuto il bisogno di protezione della salute da parte degli italiani: curarsi bene e in tempo utile. E qui il contributo della sanità integrativa è sostanziale» aggiunge Gigliotti. Poco tempo fa il segretario generale della Fim (il sindacato dei metalmeccanici Cisl) Roberto Benaglia aveva avuto il coraggio di sostenere che «è difficile non comprendere che è meglio avere la copertura delle spese del dentista per sé e per i propri familiari piuttosto che 100 euro lorde in più in busta paga». Come dire: meglio prevedere nella contrattazione più welfare invece che salario. L’alternativa è mettere mano direttamente al portafoglio. C’è una minoranza silenziosa che spende circa 40 miliardi di euro all’anno, per lo più di tasca propria e solo in parte attraverso l’intermediazione di fondi sanitari e compagnie di assicurazione. Il ruolo dei Fondi sanitari integrativi, compresi quelli alimentati dalla contrattazione collettiva nazionale, è sempre più importante. Il Mefop, la società di consulenza creata al Mef per offrire consulenza ai Fondi previdenziali, sta allargando sempre di più il suo sguardo e i suoi servizi al sistema della sanità integrativa. Proprio in questi giorni ha comunicato gli esiti della prima survey sui Fondi sanitari integrativi, certificando nella copertura odontoiatrica (96,9%) e nella prevenzione (81,3%) le aree di maggiore intervento. «I fondi sanitari? Stanno evolvendo inserendo al loro interno professionalità e competenza.

Spesso sono anche supportati dai grandi studi attuariali, il confronto è tecnicamente evoluto e consente di sviluppare una offerta assicurativa attinente ai reali bisogni dei lavoratori da essi tutelati – aggiunge Gigliotti - Siamo d’accordo alla costituzione di un organismo di vigilanza sui Fondi Sanitari anche se al momento la priorità è la riforma strutturale della sanità italiana». E questo è il punto. Proprio grazie alla crescita della sanità integrativa, emerge la necessità condivisa di una riforma strutturale della sanità pubblica. Negli ultimi cinque anni la spesa sanitaria italiana riporta una crescita costante (+12,9%), in aumento anche il suo peso sul Pil (7,5% al 2020). Ma tra i cinque big europei la Germania è il Paese che ha fatto registrare l’aumento maggiore negli ultimi dieci anni (+52,7%), seguita dal Regno Unito (+46,1%) e dalla Francia (+25,6%). Peggio dell’Italia fa solo la Spagna con un aumento del +5,5%. Ma resta il fatto che – complice il Covid – ci sarebbero 98 milioni di prestazioni sanitarie che negli ultimi due anni non sono state eseguite. «Ci vuole una poderosa riforma del Ssn – commenta l’ad di UniSalute – al quale affiancare il supporto della sanità privata. Anche il ruolo delle assicurazioni può essere importante e sinergico. Il problema non è solo fiscale, al massimo possiamo auspicare che la polizza salute diventi deducibile così come quella infortuni, ma serve una revisione strutturale. Per questo vorremmo essere ascoltati e presenti ai tavoli di lavoro: Il privato dovrebbe prendere parte al ridisegno della riforma sanitaria».

MANCANO I MEDICI

Bisogna riorganizzare velocemente il Ssn considerando anche la carenza di medici e infermieri italiani. «Occorre ridisegnare il rapporto con scuole e università per formare nuovi medici e assumerli. Il ricorso alla sanità privata serve anche al sistema pubblico, si riduce a esempio la pressione sui pronto soccorso. Non deve fare tutto lo Stato – continua Gigliotti - non voglio spingermi a immaginare un sistema misto alla tedesca ma certamente il contributo privato deve essere strutturale. Pensiamo ad esempio alla obsolescenza di alcuni macchinari nel settore pubblico». Intervistati in merito alle intenzioni per il futuro – in una recente ricerca Mefop-Ipsos - i lavoratori risultano consapevoli della necessità di mettere in pratica qualche azione per far fronte alle proprie esigenze. «Per quanto riguarda le intenzioni future in ambito sanitario e previdenziale, rispettivamente il 38% e il 29% dei soggetti che dichiara di non aver ancora chiara quale azione attivare, se infatti si percepisce fortemente la necessità di fare qualcosa, sembra ancora esserci confusione su quali siano gli strumenti a propria disposizione». Una confusione che non inibisce l’iniziativa. «Oltre alla crescita delle coperture derivanti dal mondo del lavoro – conclude Gigliotti - registriamo una attenzione crescente anche nello sviluppo del mercato retail, al ritmo di crescita del 10% l’anno, sempre sulla spinta dei tre fattori che fanno la differenza: prevenzione, specialistica, odontoiatria. Il mercato retail ha bisogno di reti distributive fisiche, quindi di consulenti specializzati. A esempio, l’offerta di polizze sanitarie individuali presente sul sito web UniSalute ha registrato nell’ultimo anno oltre 250mila preventivi non finalizzati ma il 46% dei nostri utenti richiede il contatto con un consulente in grado di approfondire le soluzioni proposte». 

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