Cartelle fiscali, in arrivo agli italiani 40-50 milioni di comunicazioni: la tentazione del falò

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di Luca Cifoni
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Martedì 22 Dicembre 2020, 12:26 - Ultimo aggiornamento: 12 Maggio, 15:30

I conti non sono troppo difficili da fare, basandosi sui numeri ufficiali di relazioni tecniche e audizioni parlamentari. Le cartelle di pagamento che sarebbero dovute arrivare nel corso del 2020 sono circa 12 milioni. Aggiungendo atti della riscossione di altro tipo, come interruzioni della prescrizione, pignoramenti, avvisi, solleciti e comunicazioni varie si arriva intorno a 18 milioni. Un volume simile di atti è naturalmente atteso anche per il 2021, per cui il totale cumulato supererebbe i 30 milioni. Ma ci sono poi le attività di controllo e accertamento dell’Agenzia delle Entrate, che comprendono anche le lettere di compliance inviate ai contribuenti. Questi atti, sempre su base biennale, possono essere stimati in circa 13 milioni. Tirando le somme: dal prossimo primo gennaio - quando scadranno le sospensioni decise per far fronte all’emergenza pandemica - fino al successivo 31 dicembre si riverserebbero verso case, uffici, negozi, fabbriche tra 40 e 50 milioni di comunicazioni fiscali di vario tipo.

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L’INCERTEZZA

Questa montagna di carte troverebbe inizialmente i contribuenti, o almeno la maggior parte di loro, in una fase ancora piuttosto particolare della propria vita. Le nuove chiusure decise per il periodo di Natale hanno ulteriormente appesantito la situazione di molte piccole imprese già sofferenti per le conseguenze del lockdown di primavera e poi delle restrizioni decise a partire da fine ottobre, mentre centinaia di migliaia di lavoratori si trovano ancora in cassa integrazione. Naturalmente non è pensabile che la sospensione di accertamento e riscossione duri per sempre: anche in ambito fiscale bisognerebbe prima o poi tornare ad una qualche forma di normalità. Ma il governo e il Parlamento dovranno decidere se questo è il momento opportuno per farlo. In un contesto di assoluta incertezza, tra speranze per l’avvio delle vaccinazioni e timori per la nuova variante del virus, potrebbe anche essere presa in considerazione l’ipotesi di una cancellazione quanto meno parziale delle pendenze. Una sorta di azzeramento che consenta di ripartire in modo più ordinato quando l’emergenza sarà meno pressante. Il tempo per decidere non è molto, anzi è quanto mai ristretto. L’ultimo provvedimento in materia è quello dello scorso ottobre che - intervenendo nuovamente sulle scadenze legate allo stato di emergenza sanitaria - spostava al 31 dicembre la sospensione precedentemente fissata al 15 ottobre. Dall’1 gennaio quindi, o meglio dal 2 gennaio, vista la festività di Capodanno, l’Agenzia delle Entrate guidata da Ernesto Maria Ruffini dovrebbe riprendere la propria attività di invio di avvisi e cartelle, con volumi decisamente superiori a quelli ordinari.

IL DECRETO

I margini per un intervento in extremis ci sono: il veicolo legislativo per un nuovo rinvio potrebbe essere il decreto “Milleproroghe” che tradizionalmente viene approvato negli ultimissimi giorni dell’anno e che stavolta avrebbe naturalmente una valenza diversa, anche per l’eventualità di ulteriori aggiustamenti in tema di misure strettamente connesse al Covid. La strada più semplice è quella di un nuovo rinvio limitato delle scadenze, ad esempio di tre mesi: soluzione che di per sé sposterebbe semplicemente in avanti il problema. Guadagnare tempo può essere l’opzione preferita per un governo ancora alle prese con una serie di grane, incluse quelle più politiche legate alla verifica di maggioranza. Ma comunque anche in un momento successivo dovranno essere valutate le possibili alternative strutturali alla semplice ripartenza delle comunicazioni. Le scelte a disposizione sono essenzialmente di due tipi. Da una parte c’è la possibilità di differire e scadenzare nel tempo l’invio di cartelle e atti. Invece di essere recapitate tutte nel 2021 potrebbero essere programmate nel corso dei prossimi anni. Questo allevierebbe in parte il lavoro degli uffici ed attenuerebbe l’impatto sui cittadini, ma imporrebbe di stabilire dei criteri di cui poi i destinatari non sarebbero al corrente. L’altro percorso teoricamente praticabile è quello delle sanatorie più o meno estese: una nuova rottamazione (eliminazione di sanzioni e interessi ma non degli importi originari da pagare) oppure un taglio drastico delle somme dovute: ai contribuenti verrebbe chiesto di versare solo una quota percentuale per estinguere tutta la procedura.

Non è nemmeno esclusa una riedizione della cancellazione totale di cartelle di ammontare limitato: a fine 2018 questa misura fu decisa per quelle fino a 1.000 euro, affidate agli agenti della riscossione tra il 2000 e 2010. Tutte ipotesi che devono comunque essere oggetto di valutazione politica perché più o meno direttamente (anche se ad esempio le rottamazioni sono state ampiamente praticate negli ultimi anni) possono avere il sapore di un condono. D’altra parte l’idea di procedere in modo selettivo solo a favore di contribuenti in situazione di bisogno richiederebbe di passare per le autocertificazioni come l’Isee, che in una fase come l’attuale possono avere un significato limitato. Proprio l’eccezionalità del momento, unita al fatto che nei prossimi mesi è in agenda una significativa riforma del sistema fiscale complessivo, potrebbe invece rappresentare una sponda per un intervento straordinario.

LE ALTRE DATE

E a proposito di rottamazioni, sono fissate un po’ più avanti nel corso dell’anno le scadenze per il pagamento delle rate di quest’anno della definizione agevolata ter e del cosiddetto “saldo e stralcio”: chi è in regola con i pagamenti del 2019 non perderà i benefici se si mette in regola per quelli del 2020 entro il primo marzo (senza però gli ulteriori cinque giorni di tolleranza). Invece i contribuenti con piani di rateizzazione decaduti prima della sospensione dell’attività di riscossione, possono presentare una nuova richiesta di dilazione senza dover contestualmente saldare le rate scadute del precedente piano: c’è tempo fino al 31 dicembre 2021. Al di sotto dei 100 mila euro di importo non sarà necessario dimostrare la situazione di difficoltà per ottenere il beneficio. Si tratta di ulteriori agevolazioni introdotte con il decreto Ristori quater appena convertito in legge dal Parlamento.

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