Per i tabacchi serve una tassazione coerente

Rivendita tabacchi
di Giovambattista Palumbo*
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Lunedì 15 Maggio 2017, 20:44 - Ultimo aggiornamento: 17 Ottobre, 17:51
Nella cosiddetta manovrina (DL 50/2017) viene previsto l’aumento delle accise sui tabacchi. L’articolo 5 stabilisce che “Le variazioni delle componenti e delle misure di cui all'articolo 1, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 15 dicembre 2014, n. 188, sono stabilite in misura tale da assicurare un gettito su base annua non inferiore 83 milioni di euro per l'anno 2017 e a 125 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018”. Il comma 2 del citato decreto stabilisce che “con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, tenuto conto dell'andamento dei consumi e del livello dei prezzi di vendita, anche al fine di assicurare la realizzazione del maggior gettito complessivo netto derivante dal presente decreto, possono essere variate:

a) le aliquote di base di cui al comma 1 dell'articolo 39-octies del decreto legislativo n. 504 del 1995, e successive modificazioni, nonché la misura percentuale prevista dal comma 3, lettera a), e gli importi di cui ai commi 5 e 6 del medesimo articolo fino, rispettivamente, allo 0,5 punti percentuali, a 2,5 punti percentuali ed a euro 5,00”.

La materia è molto tecnica e complessa, ma, al di là di questo, è chiaro che ad una scelta tecnica segue nel caso di specie una inevitabile scelta politica, laddove l'obiettivo dichiarato della Riforma fiscale dei tabacchi del 2015 era di incidere anche sui prezzi bassi, dopo un loro significativo calo, con un Fisco che si attenua, seppur non del tutto proporzionalmente, via via che cresce il prezzo delle sigarette, ma con una tassazione fissa mantenuta in ogni caso ai minimi europei.

Sull'esempio dunque di quanto già fatto in Germania, tale sistema era considerato il percorso migliore per far aumentare il gettito e preservare gli obiettivi di salute pubblica, laddove però la coerenza del sistema fosse stata manutenuto nel tempo con un qualche meccanismo regolatorio, così come appunto previsto proprio in Germania.
Al riguardo, si rappresenta che il sistema italiano di tassazione delle sigarette, riflesso della legge delega, è strutturato sulla base di tre forme di prelievo:

a) onere fiscale minimo, attualmente fissato a 170,54 €/kg, che può essere aumentato annualmente fino a 5 €/kg;

b) accisa specifica al 10%, incrementabile annualmente fino a 2,5 punti percentuali,

c) aliquota di base al 58,7%, incrementabile annualmente fino a 0.5 punti percentuali.

L’applicazione dell’attuale regime impositivo comporta dunque che tutti i prezzi pari o inferiori ad € 4,40 sono gravati dallo stesso onere fiscale (appunto 170,54 €/Kg). Oltre tale livello di prezzo l’onere fiscale complessivo (Accisa più IVA) risulta di importo superiore e crescente al crescere del prezzo di vendita.
La componente di tassazione “specifica” (un cui aumento nel tempo comporterebbe anche effetti positivi in relazione agli obiettivi di salute pubblica) è invece calcolata come ammontare fisso per quantità, uguale per tutti, indipendentemente dal prezzo. In Italia, la misura della componente specifica (al 10%) è la più bassa in Europa (la media della tassa specifica è di circa 80 euro per 1000 sigarette, mentre in Italia è circa 17 euro). Questo, di converso, comporta che la tassazione ad valorem, proporzionale ai prezzi di vendita, sia tra le più alte d’Europa.

In due anni, dal 2015 ad oggi, con il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 18/03/2016, si è intervenuti una sola volta sulla prima componente, l’Onere Fiscale Minimo gravante sui prezzi sotto 4,40 €, portandola tuttavia a soli 170,54 (aumento di 0,54 €/kg, rispetto ai 5 €/kg consentiti da Delega). Quando, al contrario, aumenti fiscali automatici intervengono nel regime italiano ogni anno, sui prezzi superiori a 4,40 €. Il testo dell’attuale DL 50/17 sembra dunque ora voler incidere su tutte le varie componenti.

Un intervento sull’onere fiscale minimo, aumentandolo a 175 Euro/Kg per tutti gli operatori (rispetto agli attuali 170,54), genererebbe del resto un maggior gettito di circa 65 milioni su base annua. Quindi un ritocco dell’aliquota di base e della componente specifica appare obbligato, visti gli obiettivi posti e l’attuale struttura d’imposta italiana.

Al di là della specifica previsione, tirando qualche conclusione, possiamo in ogni caso evidenziare che:

Un sistema sbilanciato sull’imposta ad valorem, con una componente specifica molto bassa, come quello italiano, determina come conseguenza che il gettito generato dipende in modo rilevante dal livello dei prezzi medi di vendita e non dalla quantità di sigarette vendute. Un calo dei prezzi medi generato, ad esempio, dallo spostamento dei consumi verso fasce più basse di prezzo (o dall’abbassamento del prezzo per stare sotto la fascia di aumento automatico annuale oltre l’Onere Minimo), riduce quindi il gettito, anche se la quantità di tabacco venduta rimane la stessa.

Per mantenere il rapporto (del 98%) tra onere fiscale minimo e Prezzo medio ponderato, che era alla base della Riforma del 2015, l’onere fiscale minimo (tenendo conto proprio dell’attuale livello di prezzo medio ponderato) dovrebbe teoricamente essere aumentato a 179 Euro/Kg (rispetto agli attuali 170,54). Oggi questo rapporto è infatti sceso dal 98% al 94%. Un onere minimo a 175 €/kg genererebbe quindi, almeno, un riavvicinamento verso tale obiettivo, riportandolo al 96%.

A regime, poi, come già fatto dalla Germania, andrebbe previsto (con norma) il mantenimento di un rapporto costante tra onere fiscale minimo e prezzo medio ponderato, mantenendo appunto quel rapporto originario del 98%.

In conclusione, le due misure (un aumento dell’onere fiscale minimo e dell’accisa specifica) potrebbero essere calibrate in combinato, anche in ragione di eventuali interventi sull’aliquota di base legati agli obiettivi di gettito.

Prevedere un aumento automatico dell'onere fiscale minimo sarebbe del resto necessario sia per conservare il valore reale del tributo nelle fasce di prezzo più basse, sia per evitare che eventuali modifiche del sistema impositivo incidano solo sulle classi di prezzo più alte (con anche possibili contestazioni a livello comunitario).

Un punto generalmente condiviso è infatti che qualunque intervento non deve avere come conseguenza la distorsione delle dinamiche di concorrenza sul mercato. Quanto si propone è coerente con questo obiettivo di fondo.

*Direttore Osservatorio politiche fiscali Eurispes
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