Irpef, il piano per lo stop alle addizionali
Quota Iva invece dell'imposta regionale

Irpef, il piano per lo stop alle addizionali Quota Iva invece dell'imposta regionale
di Andrea Bassi
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Venerdì 13 Marzo 2015, 00:09 - Ultimo aggiornamento: 14 Marzo, 12:22
Il primo a parlarne è stato Marco Causi, capogruppo del Partito democratico in Commissione bilancio alla Camera. Sul suo sito ha postato un documento che, tra le altre cose, ha lanciato un’ipotesi suggestiva: l’abolizione dell’addizionale regionale dell’Irpef. Una proposta che, in realtà, non è peregrina. Anzi, il dossier sarebbe già sul tavolo di confronto aperto dal ministero del Tesoro e da Palazzo Chigi sulla riscrittura della Local tax in vista della prossima legge di stabilità. L’addizionale Irpef, in realtà, con le tasse sulla casa avrebbe poco a che fare. Tuttavia a dicembre scorso, quando sembrava che la revisione di Imu e Tasi fosse destinata ad entrare nella manovra di fine anno, i tecnici avevano discusso un’opzione simile: che a rinunciare all’addizionale sui redditi fossero i sindaci, in cambio del controllo totale delle tasse sulla casa, compresa la parte che riguarda i capannoni industriali e che oggi è incassata dallo Stato. Un’ipotesi che era arrivata ad uno stadio decisamente avanzato. L’addizionale comunale Irpef, secondo le simulazioni, sarebbe stata sostituita da un’aliquota nazionale dello 0,67% incamerata dal Tesoro. I sindaci però, non sono mai stati favorevoli a questa idea. Gli immobili sono un’imposta «statica», nel senso che il gettito nel tempo è stabile. L’Irpef, invece, tende a crescere di anno in anno. Senza contare che è un tributo facile da incassare perché è pagato dai sostituti d’imposta, mentre per le varie Imu, Tasi, Iuc, spesso i Comuni sono costretti ad inseguire i contribuenti per effettuare recuperi medi di 200-300 euro.



I NODI DA SCIOGLIERE

Ma il governo è comunque intenzionato a mettere ordine nelle tasse sui redditi. Anche perché ogni volta che a livello centrale si prova a ridurre la tassazione, poi a livello locale il prelievo tende ad aumentare. E il caso delle addizionali regionali sarebbe considerato ben più eclatante di quello delle addizionali comunali. Queste ultime sono innanzitutto più basse, possono arrivare al massimo allo 0,8%. Quelle Regionali da quest’anno possono arrivare fino al 3,33%. Qualcuno lo ha già fatto, come per esempio la Regione Lazio. Il punto, tuttavia, è un altro. Ogni Regione ha introdotto sgravi ed esenzioni diversi in base ai redditi. Sempre per citare l’esempio del Lazio, sono previsti sgravi fino a 35 mila euro.



Il Piemonte ha un’organizzazione a scaglioni fino a 75 mila euro. Lo stesso per la Campania, anche se con aliquote diverse. In questo modo si sono creati ventuno sistemi fiscali diversi. Una gran confusione. Il punto delicato del progetto, tuttavia, è un altro: con quale tributo sostituire l’addizionale regionale Irpef garantendo ai governatori le stesse risorse?



Una domanda da oltre 11 miliardi di euro, visto che tanto vale il gettito dell’addizionale regionale. L’ipotesi lanciata da Causi è quella di una compartecipazione al gettito Iva. Il punto sul quale si sta ragionando è se questa compartecipazione debba essere «statica» o «dinamica».

Nel primo caso le Regioni avrebbero un certo ammontare di gettito e nel caso in cui un anno dall’Iva dovessero arrivare più soldi, questo surplus finirebbe nelle casse dello Stato e non in quelle dei governatori. Se invece si scegliesse la via dinamica, le Regioni potrebbero beneficiare degli eventuali aumenti di gettito. Bisognerà vedere tuttavia, quale sarà la posizione dei governatori rispetto a questa ipotesi.



Le stesse ragioni che i sindaci hanno a non voler rinunciare alla loro partecipazione all’imposta sui redditi delle persone fisiche, potrebbero essere fatte proprie anche dai presidenti delle Regioni, già alle prese con tagli da 5 miliardi alle loro risorse.
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