Tiziana Cignarelli: «Due categorie in Italia non si trovano nelle posizioni di potere: i giovani e le donne»

Donne al lavoro
di Valentina Venturi
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Domenica 3 Marzo 2024, 18:27 - Ultimo aggiornamento: 18:29

Il 58,8% della pubblica amministrazione è formato da donne, l’equivalente di 3,2 milioni di dipendenti pubblici. Di questi però solo il 33,8% riveste un ruolo apicale. Esistono ancora degli ostacoli per le donne nel mondo del lavoro? Secondo uno studio condotto da Badenock+Clark per il 38% delle intervistate il problema riguarda il fatto che gli uomini siano privilegiati nell’ottenere posizioni ai vertici aziendali, anche a parità di competenze. Come mai? Prova a rispondere Tiziana Cignarelli, segretaria generale della Federazione dei professionisti pubblici (Flepar): «Due sono le categorie in Italia che non si trovano nelle posizioni di potere, i giovani e le donne. Allora proviamo a dare una scossa, proviamo a fare in modo che il sistema venga cambiato dall'alto. E non è un sistema solo sociale, organizzativo o di relazioni, ma proprio un sistema economico».

È evidente questo divario?

«Non è un discorso identitario e non vuole essere un discorso uomini contro donne.

Vuole essere proprio un discorso di leve di cambiamento. Crediamo fermamente nella digitalizzazione, nel lavoro agile, nelle competenze professionali e nella pubblica amministrazione. Crediamo anche che una maggiore presenza delle donne nei ruoli apicali possa portare a un miglioramento. Sicuramente a un cambiamento».

Da cosa lo deduce?

«Lo dicono degli studi internazionali: se l'Italia entro il 2030 raggiungesse la media europea di presenza e partecipazione delle donne al mondo del lavoro potrebbe conseguire un aumento di pil di un punto all'anno. Quindi non stiamo parlando semplicemente solo di società, stiamo parlando anche di valore aggiunto economico alla crescita e allo sviluppo del Paese, al progresso di tutte le politiche, perché l'inclusione delle donne e la possibilità che siano nelle stanze dove le politiche si decidono, che non è solo il vertice, è tutto il gruppo e quegli organismi che decidono le politiche, non è che l'obiettivo: è la cultura in sé».

Anche l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile si occupa della questione.

«L'obiettivo numero 5 dell'agenda 2030 ci impone di occuparci di parità di genere e di posizione nei ruoli decisionali delle donne. La fonte è il MEF, la Ragioneria Generale dello Stato registra una scarsa partecipazione delle donne nei ruoli decisionali pubblici, intendendo il sistema pubblico».

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Dipende dalla professione?

«Ritengo che tutte le professioni stiano andando verso una maggiore presenza delle donne, però a questo non corrisponde un adeguato potere decisionale. Che la presenza delle donne comporti un cambiamento, un progresso anche di carattere economico lo dice il Fondo Monetario Internazionale. La crescita è collegata ai cambiamenti di governance e alle operazioni di finanziamento, sono completi se riguardano anche il recupero del divario di genere. Questo significa che è un fattore economico. Ci tengo a sottolinearlo perché bisogna far comprendere agli uomini, o comunque agli centri di potere, che conviene investire anche nelle donne». 

A suo avviso da cosa dipende?

«Perché ci sono delle resistenze. Ecco perché su questo argomento terremo un evento il 4 aprile a Roma a Palazzo Merulana, dove faremo delle proposte, anche una proposta di legge. Se è solo il 33,8% delle donne che aspira a delle posizioni apicali vuol dire che in realtà non è soltanto un discorso di difficoltà di conciliazione di lavoro e vita, c'è anche questo, nessuno lo sottovaluta, ma c'è anche la difficoltà di essere presa in considerazione. Come se si fosse un circuito prevalentemente maschile che è difficile far così scalfire con un elemento di novità».

Qualcosa sta cambiando.

«All'inizio si diceva “voi siete una minoranza” e andavano tutelate le minoranze. Adesso la donna è una maggioranza, quindi è una questione di rappresentazione e partecipazione nella reale composizione del mondo del lavoro, del mondo sociale e del mondo economico».

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