Maria Elisabetta Alberti Casellati*

I 75 anni della Costituzione: servono forze condivise

I 75 anni della Costituzione: servono riforme condivise
di Maria Elisabetta Alberti Casellati*
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Lunedì 2 Gennaio 2023, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 19:08

Era il 4 marzo 1947. Prima seduta plenaria dell’Assemblea costituente. Piero Calamandrei si pose una domanda non retorica su come i posteri avrebbero giudicato l’Assemblea costituente. Il loro compito era di scrivere una Carta che potesse trasformare l’Italia. Un’Italia povera, divisa politicamente e socialmente, devastata dalla guerra, con una economia in rovina e larghe sacche di analfabetismo. 
C’era in primo luogo da far diventare cittadini tutti coloro che erano stati sudditi. Non soltanto gli uomini, ma anche le donne, che nel 1945 ottennero il diritto di voto e nel 1946, finalmente, furono anche eleggibili. In una vera Repubblica serve un modello democratico compiuto, serve definire chiaramente diritti e doveri per consentire a tutti di partecipare alla «organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
I Costituenti scelsero dunque un impianto pluralista e condiviso, che in pochi anni avviò la «rivoluzione ancora da fare». In una decina d’anni il Pil ricominciò a crescere in media del 5,9% all’anno, con punte di oltre l’8%. Il tasso di disoccupazione raggiunse il minimo storico del 4%. La percentuale di analfabetismo passò dal 13 all’8% della popolazione. Il tasso di natalità raggiunse il 20‰. 
Al contempo, si consolidarono le istituzioni democratiche, aperte alla collaborazione di tutti i partiti e tutte le ideologie. Era un risultato impressionante per uno Stato che non aveva mai conosciuto la democrazia e che per secoli era stato territorialmente frammentato. 
Grazie alla Costituzione, di cui festeggiamo i 75 anni, l’Italia è diventata uno Stato moderno, avanzato, attrattivo, stabilmente fra i Grandi del mondo. Oggi abbiamo un compito importante: preservare il cammino percorso grazie alla “nostra” Carta e insieme ripensare alcune soluzioni per renderla attuale e funzionale.
Dalla fine degli anni ’80 abbiamo assistito a innumerevoli confronti, proposte, idee, commissioni, pensati e promossi da parlamenti e governi della più diversa compagine politica, nella comune consapevolezza che per migliorare il funzionamento del circuito democratico è indispensabile una riforma.
Sono decenni che, in particolare, sentiamo denunciare le debolezze della forma di governo italiana. Decenni che sentiamo invocare l’esigenza di razionalizzare le istituzioni politiche, ma, alla prova dei fatti, sembra che riformare questa parte della Costituzione sia una “missione impossibile”. 
Sul piano della storia, è innegabile che il parlamentarismo italiano sia figlio della Resistenza e dei suoi valori, di quella spinta che, nel secondo dopoguerra, ha portato a costruire antidoti contro ogni forma di concentrazione del potere, ogni deriva autoritaria.
E allora la storia spiega perché molte proposte di riforma orientate al rafforzamento dei poteri dell’esecutivo si siano scontrate con resistenze culturali diffuse. Resistenze che spesso hanno confuso la matrice storica della scelta per il parlamentarismo con il volto reale della nostra forma di governo, che oggi è profondamente cambiata. È stata plasmata dalla trasformazione del sistema partitico, dai cambiamenti della legge elettorale, dalle spinte all’integrazione europea, dal confronto con l’elezione diretta di sindaci e presidenti delle Regioni. 
Abbiamo registrato una forte fragilità degli esecutivi, incapaci di dare un indirizzo politico di lungo termine: 69 governi in 75 anni con una durata media di 14 mesi. La stabilità è dunque un’esigenza ineludibile per dare credibilità al nostro Paese e per rafforzare il sistema democratico. 
Troppo spesso si è assistito ad un voto dei cittadini al quale è seguito un governo che non corrispondeva alle scelte degli elettori; un disallineamento che ha portato ad un crescente astensionismo nelle ultime tornate elettorali. 
Io credo perciò che il nostro Paese sia ormai maturo per una riforma costituzionale che vada nella direzione dell’elezione diretta e popolare del Presidente della Repubblica o del Consiglio.

Sono formule che noi stessi in Italia abbiamo sperimentato a livello locale e regionale. Ed allora, dopo 75 anni, in nome dei Padri Costituenti, il nostro impegno non può che essere quello di attuare una riforma armonica e condivisa, che sappia rendere ancora più salda e più forte la nostra Costituzione per un’Italia che guarda al futuro.

* Ministro per le Riforme istituzionali e la semplificazione normativa

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