Serena Caruso, pilota di elisoccorso e psicologa: «In volo salvo vite, anche malati Covid»

Serena Caruso, pilota di elisoccorso e psicologa: «In volo salvo vite, anche malati Covid»
di Maria Lombardi
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Sabato 1 Maggio 2021, 09:47 - Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 03:46

«L'inizio della pandemia è stato molto impegnativo per noi piloti di elisoccorso. Una grande sfida. Ho trasportato da Bergamo a Roma uno dei primissimi pazienti Covid e qualche settimana dopo l'ho riportato indietro. Era stato ricoverato in terapia intensiva, ci ha raccontato che al risveglio si è trovato tra medici e infermieri bardati con tute e mascherine. Non sapeva niente del virus e ha pensato che l'avessero sequestrato, ha chiesto quanto volevano per il suo riscatto. Adesso fa quasi sorridere, ma è stato un episodio che mi ha molto colpita».


 

Serena Caruso, 41 anni, primo ufficiale, pilota degli elicotteri Leonardo AW 139 per la società Babcock Italia, il principale operatore nei servizi di elisoccorso. Quanti malati Covid avete trasportato?
«La nostra società sino ad oggi ne ha trasportati in tutto 160. Da marzo ad aprile del 2020 sono stati effettuati dalla base di Como 13 voli Covid anche notturni e 20 trasferimenti di pazienti negativi ma che hanno permesso l'alleggerimento delle terapie intensive».


È stato rischioso?
«In assenza di un protocollo specifico per la tutela del personale, Babcock Italia è stato il primo operatore in Europa a ottenere una speciale approvazione temporanea dall'autorità aeronautica per utilizzo della barella di biocontenimento. Inoltre, in accordo con Leonardo - la società costruttrice dell'elicottero - è stata sigillata la cabina per separare il comparto dei sanitari da quello dei piloti. Siamo stati in prima linea, abbiamo trasferito pazienti ovunque, da Francoforte a Rieti, con pochissimi contagi tra il personale».


Quando ha deciso di diventare pilota di elicotteri?
«Dopo il liceo avevo cominciato a lavorare nell'azienda di costruzione della mia famiglia, ad Aosta. Mio padre utilizzava gli elicotteri per il trasporto dei materiali ad alta quota. Il volo è stato un amore a prima vista. A 24 anni, la mia sliding doors. Ho seguito il mio vero Nord. Ho frequentato la scuola Elicotteri Pegasus di Busano dove ho ottenuto il brevetto di pilota, poi ho continuato gli studi negli Stati Uniti e al rientro, nel 2007, ho preso la licenza di pilota commerciale presso la scuola Nazionale Elicotteri».


Come l'hanno presa in famiglia?
«Sono cresciuta come una Lady Oscar, tra me e mio fratello non c'erano differenze. Mio padre ci ha insegnato a essere liberi da pregiudizi, liberi di scegliere, liberi dalle aspettative sociali e culturali. Liberi di decidere consapevolmente cosa avremmo voluto fare nella vita».


Ha scelto lei di lavorare nel soccorso o è stato un caso?
«All'inizio è stato un caso, poi una scelta. Ho volato in Italia e all'estero, in Kosovo, Mozambico, Cipro. E da tre anni sono impiegata nella base elisoccorso h24 di Como, la prima in Italia ad aver sviluppato i voli notturni con l'ausilio dei visori NVG».


Il settore degli elicotteri è prevalentemente maschile. Ha incontrato difficoltà ad affermarsi?
«Il settore elicotteristico conta ancora poche donne. Ma non ho incontrato ostacoli, la mia esperienza dimostra che in questo lavoro non ci sono barriere di genere. La passione, lo studio e la dedizione consentono di arrivare dove vuoi. Mi piacerebbe che non si parlasse più di quote rosa ma di competenza, che la diversità non fosse vissuta come penalizzazione ma come una sfida, un valore da portare all'interno del mondo del lavoro. Credo nella volontà di andare oltre gli stereotipi, di creare una cultura innovativa che valorizzi le diversità. Mi piace parlare di diversità e non di genere, è dal diverso che nasce il confronto e il cambiamento. La nostra società è attenta a queste tematiche e ci ha messo nelle condizioni di lavorare in modo sereno. Mi è capitato di ritrovarmi in un elicottero di soccorso con un equipaggio tutto al femminile, 4 donne comprese la dottoressa e l'infermiera. Un bell'esempio di integrazione».


Fare questo lavoro le è costato qualche rinuncia?
«Non ho figli. Questo lavoro richiede continui spostamenti, un giorno a Lampedusa e un altro in Kosovo, il che comporta difficoltà logistiche oggettive. Ma mi appaga moltissimo, nel soccorso si vola con l'elicottero a favore della vita umana. Si impara il lavoro di squadra, a gestire l'emotività, a comunicare in modo assertivo, a considerare l'errore, a capire i propri talenti, ad andare al di là dei successi materiali e del potere, quelli sono momentanei, ad essere empatici e valorizzare la qualità delle relazioni umane. Il volo mi ha rapita e mi ha regalato tutto questo».


Ha altre passioni, oltre il volo?
«Tutti gli sport di montagna, bici, sci, scalata. Mi sono appassionata all'aspetto umano delle relazioni lavorative e sociali e nel 2017 mi sono laureata in scienze tecniche e psicologiche, la triennale di Psicologia. Attualmente sto concludendo la magistrale. Faccio parte del team di formazione Crew Resource Management e mi occupo, in azienda, di tutti quegli aspetti legati ai fattori umani e alla gestione dell'errore nel settore aeronautico. Volare era il mio sogno e mi emoziona ancora».
 

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