La prima rabbina dei più ortodossi «Noi donne facciamo la differenza»

La prima rabbina dei più ortodossi «Noi donne facciamo la differenza»
di Franca Giansoldati
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Lunedì 23 Maggio 2022, 08:33

«Credo che le donne facciano sempre la differenza». Sorride con gli occhi che le brillano, Shira Marili Mirvis, la giovane israeliana che ha fatto crollare le ultime resistenze dell'ebraismo ortodosso. È lei la prima rabbina nominata alla guida della sinagoga Shirat Hatamar, nell'insediamento di Efrat in Cisgiordania, storica roccaforte della frangia più conservatrice. Finora il ruolo femminile era certamente ammesso ma solo a fianco di un rabbino e non certo come guida spirituale. Shira è stata votata l'anno scorso dall'87 per cento dei membri della sinagoga, praticamente un plebiscito, e da allora insegna, consiglia, guida la lettura e la comprensione del mitzvot, i 613 precetti base contenuti nella Torah. Una novità assoluta.
CAMMINO
Madre di cinque figli, con la vocazione innata di insegnante, si è raccontata in questo ruolo inedito davanti alle donne che compongono la Consulta femminile vaticana istituita dal cardinale Gianfranco Ravasi, in un incontro realizzato via zoom. «Ci sono sicuramente molte limitazioni nel mio ruolo, ma le accetto con amore. Capisco che quando si sceglie una vita che è obbligata alla halacha vale a dire la tradizione religiosa ebraica - ci saranno parti in cui la halacha non mi vede esattamente uguale». Shira sintetizza la filosofia che la ha portata a terminare un lungo percorso di formazione durato oltre venti anni, necessari a diventare rabbanit. Ha scelto di non farsi chiamare rabbi, rabbino, ma rabbanit che sarebbe la moglie del rabbino - pur avendo in tutto e per tutto le funzioni di leader spirituale della sua comunità. Lei però resta convinta che non siano tanto le parole a decidere chi sei, piuttosto è il modo in cui porti avanti i compiti e la missione di guida, e specie se lo si fa in un ambiente tanto intransigente come può esserlo una comunità ortodossa. Un passaggio di non poco conto visto che le donne un tempo potevano solo studiare la Torah ma non sostenere esami.
SFIDA
La luce verde sul suo caso - che, secondo molti, è destinato in futuro a fare da apripista nel mondo ortodosso - è stato un rabbino di 83 anni. Evidentemente uno di aperte vedute. Scrupolosa, allegra, empatica, colta. Ha esposto il suo cammino di studi con naturalezza, illustrando come ha dovuto affrontare scelte importanti pur di rompere il famoso soffitto di cristallo in un ambiente di conservatori. Per introdurre la preghiera, per esempio, occorre ancora avere una presenza di almeno 10 uomini in sinagoga, perché se per caso ce ne sono solo 9 la sua figura di rabbina non vale più. Inoltre ogni settimana nella sinagoga c'è una cerimonia in cui viene letta la Torah ma lei non può farlo, tuttavia può rispondere alle domande e insegnare la Torah, così come non può cantare ma può spiegarne il significato e fare lezioni di teologia.
Davanti a questa complessa struttura di regole lei ha optato per la sfida, non ha avuto dubbi e scelto di essere ugualmente presente, facendo valere il suo ruolo femminile. «Per me è importante riuscire a rendere accessibile la Torah a tutti. La donna penso che abbia una sua identità spirituale specifica, è al centro della vita ebraica, poiché è al centro della famiglia stessa». Il suo amore per l'insegnamento è pari al suo entusiasmo. «Sono profondamente grata alla comunità di Shirat Tamar per avermi dato questa opportunità che vedo come una naturale continuazione del mio ruolo di insegnante. La mia sincera preghiera è che Dio possa guidarmi in questo ruolo, permettendomi di diffondere la Parola».

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