«Cinque donne in mare per l'ambiente e i diritti»

«Cinque donne in mare per l'ambiente e i diritti»
di Valentina Venturi
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Sabato 9 Settembre 2023, 12:01

«Oltre al fondamentale discorso legato all'ecosistema e all'ambiente, ci premeva portare avanti il tema della parità di genere, perché il settore della pesca è maschile e maschilista, tanto che a bordo di una barca a volte la donna viene vista come un porta sfortuna. Noi invece volevamo farci promotrici di una battaglia che bilanciasse i ruoli. Per questo nel dicembre 2021 è nata "Mariscadoras", il cui termine è legato alle donne "di mare" galiziane». A parlare è Matilda Banchetti (classe 1998) che insieme ad Alice Pari, Giulia Ricci, Carlotta Santolin e Ilaria Cappuccini fa parte del gruppo di cinque donne riminesi, età media 25 anni, che ha fondato la società benefit "Mariscadoras".
Cosa significa questa parola?
«È stata scelta per onorare le donne galiziane che ad oggi stanno lottando per avere pari diritti degli uomini. La parola deriva dallo spagnolo mariscos che in italiano significa "frutti di mare". Sono le pescatrici che si dedicano alla raccolta di vongole e molluschi sulle rive sabbiose della Galizia: un lavoro sottostimato e sottopagato. Il nome ha un corrispettivo nel dialetto romagnolo equivalente a "poveracciaie", donne a cui non era concesso andare in barca con i pescatori perché si pensava portassero sfortuna. Scoprendo la loro storia abbiamo capito che doveva essere il nostro nome».
Siete in cinque: vi conoscete da molto tempo?
«Con Carlotta e Giulia siamo amiche da quando siamo nate visto che lo sono anche i nostri genitori. Con Ilaria ci frequentiamo dalle elementari mentre con Alice l'incontro è avvenuto poco prima della nascita del progetto. Siamo molto unite e consapevoli del nostro obiettivo».
Quali le vostre peculiarità?
«Io sono la project manager del gruppo: seguo l'ordinaria amministrazione della società. Alice è antropologa ambientale e da oltre sette anni lavora nella "Fondazione Cetacea", un'organizzazione senza scopo di lucro che si occupa di tutelare le tartarughe marine. Giulia è invece laureata in mercati e strategie d'impresa ed è esperta di economia circolare e gestione ambientale mentre Carlotta in un certo senso è la mente di "Mariscadoras": biologa marina, frequenta un PhD in Climate Change and Sustainable Development allo IUSS di Pavia e dal 2015 è socia di Fondazione Cetacea Onlus. C'è poi Ilaria che all'interno della startup "Blueat" si occupa di comunicazione e marketing, ha conseguito un bachelor in Arti culinarie al Cordon Bleu di Firenze, un Master in Food&Wine Business della Luiss Business School di Roma e un altro in Digital Marketing».
Perché definisce Carlotta "la mente" del gruppo?
«È stata selezionata come uno degli "Ambasciatori delle pratiche oceaniche all'inizio della carriera" per l'UNESCO e come giovane avvocato degli oceani per la Commissione europea. In quanto biologa per tre mesi ha avuto la possibilità di girare il Mediterraneo insieme al progetto della Fondazione Cetacea Onlus: grazie a questa esperienza ha avuto l'opportunità di parlare con pescatori locali. C'erano enormi difficoltà di dialogo, spesso non la guardavano in faccia o le facevano battute. Persino qualche giorno fa siamo andate al mercato alle sei del mattino e appena scese dalla macchina ci hanno chiesto se fossimo in discoteca È stato difficile ma devo ammettere che piano piano le cose stanno cambiando in meglio. Senza negare che anche noi abbiamo imparato come farci ascoltare».
Di cosa si occupa "Blueat La pescheria sostenibile"?
«Si focalizza sul recupero delle specie aliene: in poco tempo abbiamo reso il granchio blu, crostaceo che ha effetti disastrosi per l'ecosistema adriatico, commercializzabile in tutta Europa».
Al momento siete concentrate solo sulla commestibilità del granchio blu?
«È buonissimo: ha un sapore leggermente più dolce dell'astice. Per questo abbiamo creato una micro filiera attraverso l'attivazione di una partnership con l'azienda Tagliapietra, che dal 2021 ha introdotto una nuova linea di prodotto, dedicata proprio ai granchi blu. Attualmente la vendita di BluEat si basa sul canale B2B, in particolare nel settore della ristorazione e nella grande distribuzione organizzata».
Oltre al granchio, avete già progettato altre iniziative?
«Non vogliamo fermarci: abbiamo in mente di proseguire sulla strada del proselitismo a favore delle specie aliene, trasformandole da emergenza a risorsa. Cerchiamo di trovare uno sbocco per tutte le specie che entrano nell'ecosistema e creano danni come alcune "noci di mare", il pesce serra o la rapana venosa. Vogliamo che da specie dannosa per l'ambiente diventino delle possibilità per le comunità dei pescatori». Cosa consiglierebbe ad una sua coetanea che volesse seguire le sue orme? «Di buttarsi nei progetti in cui crede e di perseverare in tutto e per tutto».

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