Barbara Femminilli, unica donna aiutante di campo della Guardia di Finanza: «Per le donne in divisa la missione è possibile»

Barbara Femminilli, unica donna aiutante di campo della Guardia di Finanza: «Per le donne in divisa la missione è possibile»
di Maria Lombardi
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Sabato 16 Settembre 2023, 06:19

«Mamma, tu puoi fare tutto». E pazienza se ci sarà un poco meno e faticherà di più a mettere d'accordo divisa e famiglia. Sofia, 13 anni, e Lorenzo, 8, sono orgogliosamente dalla sua parte. E il maggiore Barbara Femminilli, 40 anni, ha una ragione in più per accettare con entusiasmo l'ultimo incarico: aiutante di campo, l'unica donna che al momento ricopre questo ruolo nella Guardia di Finanza. Da un anno alla guida della struttura di diretta collaborazione dello staff del Comandante interregionale dell'Italia Centrale, generale di Corpo d'Armata Bruno Buratti, dopo la responsabilità di due reparti territoriali e tante esperienze in prima linea.

Quale è il compito dell'aiutante di campo?
«È un incarico storico, l'aiutante di campo esiste da prima dell'unità d'Italia. Era colui che aiutava sul campo militare il generale comandate a far arrivare gli ordini fino alla prima linea. A differenza delle altre, la nostra divisa ha due pendagli che in origine contenevano un fischietto e una penna, per essere perennemente riconoscibile. Si tratta di un incarico fiduciario, sia in tempo di pace che di guerra. Adesso, come aiutante di campo, seguo tutta l'attività del comandante e quella dei reparti che da lui dipendono».

Cosa l'ha spinta a scegliere una carriera nella Guardia di Finanza?
«Dopo la maturità, ho lasciato San Salvo, in provincia di Chieti, per trasferirmi a Roma e studiare Economia. La mia famiglia mi educata al valore della legalità. Mio padre lo interpretava con la divisa, come brigadiere della Guardia di Finanza, e mia madre senza, come imprenditrice della ristorazione, sempre attentissima a ricevute e fatture. Mi sono chiesta se ci fosse un modo di poter mettere insieme questi due aspetti, indossare una divisa e pensare a garantire la legalità nell'economia. E così, mentre facevo l'università, ho individuato la soluzione giusta nella Guardia di Finanza. Ho sostenuto il concorso come ispettore e l'ho passato. La prima destinazione Genova».

E poi, come è andata avanti la sua carriera nel Corpo?
«Spinta da una forte motivazione, ho partecipato al concorso per l'accademia, conseguendo la laurea in Scienze della sicurezza economico finanziaria, e poi ho ultimato gli studi economici che avevo intrapreso. Il primo incarico da comandante è stato alla tenenza di Castel Franco Veneto, un'esperienza a 360 gradi su tutti i compiti che svolge la Guardia di Finanza. Poi sono stata assegnata al comando della compagnia di Tessera, all'aeroporto di Venezia, dove da poco più di 20 collaborati sono passata a guidarne quasi 100. Infine, prima dell'ultimo incarico, a Roma sono stata assegnata al Gruppo tutela spesa pubblica del Nucleo di polizia economico-finanziaria».

Ha incontrato difficoltà a comandare su così tanti uomini?
«A fronte di una curiosità iniziale, le mie esperienze sono state positive perché il comando lo fa la persona e non il genere. Avere divisa e grado comporta, in un ambiente militare, il fatto di essere riconosciuti. Poi le persone ti seguono se hai qualità, io ho cercato di dimostrarle mettendomi sempre in discussione».

C'è qualcosa che contraddistingue il comando al femminile?
«Noi donne abbiamo diverse frecce nel nostro arco, come l'empatia, l'ascolto che sono caratteristiche ben spendibili in un ambiente che ci ha accolto da 20 anni e però non era abituato alla presenza femminile. Aver arruolato donne ha fatto in modo che i rapporti interpersonali si sviluppassero al pari che in qualsiasi altro spazio e contesto lavorativo».

Sempre di più anche nella Guardia di Finanza. A quando il primo generale donna?
«Solo questione di tempo, ritengo, al momento non ci sono generali donne perché la carriera militare prevede degli step. Arriverà, non c'è dubbio. Del resto nulla ci è precluso, negli arruolamenti e negli incarichi non ci sono limitazioni. Le donne possono essere presenti nel soccorso alpino, sono comandanti di unità navali, piloti e sommozzatori. Abbiamo portato un valore aggiunto nell'ambiente e questo ci è stato riconosciuto».

Tanti incarichi nella sua carriera, via via più importanti, da conciliare con la famiglia.
«Un grande sfida, considerando anche che mio marito è un collega, molto impegnato anche lui. Ma abbiamo la fortuna di avere figli maturi e presenti che hanno capito che la caserma poteva essere la seconda casa. Mio figlio ha imparato a camminare nei corridoi della caserma di Tessera. Quando ti guardano con orgoglio mentre sei in servizio con la divisa, o ti dicono "mamma, tu puoi fare tutto", in quel momento sparisce ogni senso di colpa. Vorrei che capissero fino in fondo quello che faccio e perché lo faccio, e che se tolgo del tempo a loro è perché credo fermamente in quei valori e quei principi che ispirano il mio lavoro e che spero diventino i loro».

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