Delitto Compagnucci a Tolfa, Malaj a processo il 16 settembre

La casa di Tolfa dove fu uccisa con ferocia l'ex maestra Diva Compagnucci
di Stefano Pettinari
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Domenica 2 Agosto 2020, 15:06
A quasi un anno di distanza, il 16 settembre si aprirà il processo con giudizio immediato per l'omicidio di Diva Compagnucci, la novantunenne insegnante di Tolfa uccisa in casa sua, nella centralissima viale Italia, il pomeriggio del 25 ottobre dello scorso anno. Per quell'orrendo assassinio, dietro le sbarre è finito Sergej Malaj, venticinquenne di origine albanese, ma residente a Tolfa fin da bambino, tanto che tutti in paese lo chiamavano Sergio. E' lui, secondo il pubblico ministero Mirko Piloni, titolare dell'indagine, ad aver ucciso l'anziana donna.
E Malaj, dopo un primo interrogatorio svolto nella caserma dei carabinieri di via Sangallo a Civitavecchia, il giorno dopo l'omicidio, in cui negò di essere l'autore dell'efferato delitto, qualche giorno dopo, nel corso dell'udienza di convalida dell'arresto di fronte al gip, decise invece di confessare. Caso chiuso, dunque? Non del tutto, perché Sergej Malaj è tornato sui suoi passi. Ora dice di non ricordare nulla di quel pomeriggio. Rammenterebbe solo di essere andato in casa della Compagnucci, poi un vuoto totale fino al momento in cui fu rinchiuso in una cella del carcere di borgata Aurelia. Un vuoto di oltre 24 ore, visto che Malaj fu arrestato il giorno dopo l'omicidio, al termine di una caccia all'uomo durata tutta la notte. Il venticinquenne ora è in una cella di Rebibbia dove pare sia in cura psichiatrica.
Ed è proprio su questo aspetto che con ogni probabilità si incentrerà il processo. Ovvero se Malaj è capace di intendere e volere, e soprattutto se lo era quando avrebbe assassinato Diva Compagnucci. Il 16 settembre, infatti, di fronte ai giudici della Corte d'Assise di piazzale Clodio a Roma, nella prima udienza ci saranno anche i consulenti medici delle parti, con la difesa di Malaj che avrebbe nominato il professor Stefano Ferracuti (lo stesso che invece nel caso dell'omicidio di Cristiana Roversi a Civitavecchia è consulente della Procura). Un processo che dunque si giocherà tutto sulla completa sanità mentale o meno del giovane di origine albanesi. Anche perché le prove raccolte dagli inquirenti, oggettivamente lasciano ben pochi dubbi sul fatto che sia proprio Malaj ad aver ucciso l'anziana di Tolfa. C'è la testimonianza di un giovane che ha visto entrare e uscire Malaj nell'abitazione della donna proprio nell'arco di tempo in cui è stata uccisa (tra le 16,30 e le 17). Ci sono i pantaloni sporchi di sangue trovati in casa sua. Ci sono le impronte rinvenute dai carabinieri sul pavimento dell'alloggio dell'anziana, perfettamente compatibili con le scarpe da ginnastica indossate da Malaj quel giorno. Ci sono alcuni gioielli, prelevati da casa della Compagnucci, poi venduti a un Compro oro di Civitavecchia la sera stessa del delitto, con il titolare che, come da prassi, prese dati del documento d'identità del venditore, che corrispondono a quelli di Sergej Malaj. Insomma, una serie di indizi che fanno molto più di una prova.
 
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