Valhalla, la cucina vichinga arriva a Milano

Il Valhalla di Milano
di Alessandra Iannello
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Lunedì 10 Dicembre 2018, 18:44

Per tutti gli amanti delle saghe televisive come Vikings o The Last Kingdom, il Valhalla a Milano è diventato realtà. Infatti, in via Ronzoni 2, a pochi passi dalla Darsena, è stato inaugurato il primo ristorante vichingo d’Italia e, proprio come il paradiso norreno dove i guerrieri banchettano con carne di cinghiale e bevono idromele sgorgante dalle mammelle della capra Heidrunn o sorseggiano la birra da coppe distribuite dalle Valchirie, si mangia selvaggina e si beve “Acqua di Aron” (antico nome dell’idromele).
«L’idea è nata di un ristorante vichingo – spiega Igor Iavicoli, gestore del Valhalla insieme alla compagna Milena Vio - dalla fusione di due passioni. Quella della mia ragazza per la mitologia norrena e la mia per la carne. Abbiamo unito le due cose e abbiamo pensato che si poteva fare un ristorante con ambientazione vichinga dove proporre piatti di carni».
Il focus è sulla selvaggina, che i Vichinghi cacciavano tutto l’anno, e sui pochissimi capi che erano allevati e uccisi poco prima dell’inverno, perché non sarebbero sopravvissuti alle temperature così rigide, come i vitelli, maiali e agnelli.
Tutti i piatti del menù richiamano la tradizione vichinga già dal nome. C’è Ullr, il figlio di Thor che in tavola diventa una tartare di cervo, il cavallo mitologico Gulltopp non poteva essere che gli sfilacci di cavallo marinati cosiccome Himinhrjodhr, bue divino, denomina il midollo di manzo gratinato, Tanngnjostr, la coppia di capre che trainano il carro di Thor, la tagliata di capriolo, Hildsvin, il cinghiale da battaglia, il cinghiale alla birra e Vedhrofolnir, il falco sacro, la quaglia al ginepro.
«Per creare le ricette – dice lo chef Mauro Molon- ho fatto una ricerca su Internet e sui libri e le ho adattate al gusto italiano. Tutte le proposte hanno sentore di griglia perché i Vichinghi usavano molto il fuoco e per realizzarle ho cercato carne particolari quali il capriolo, il cervo, o il manzo irlandese o americano». I metodi di cottura, anche se molto lontani dalle griglie sui falò della tradizione norrena, mantengono il gusto della tradizione. Al Valhalla, infatti le carni vengono precotte a bassa temperatura per 24 ore. Poi si ripassano sulla griglia per dar loro il sentore di affumicato tipico della brace che, insieme al bollito, era il metodo usato di cottura usato dai Vichinghi. Con la stessa metodologia vengono cotte anche le verdure che poi vengono ripassate alla griglia o in padella.
Ci sono anche proposte per gli appassionati di hamburger come il Dainn, il burger di cervo con crema di zucca e carciofo, per gli esagerati il Yimir ovvero il tomahawk (costata gigante che va dagli 800 g a 1,2 kg) con cui si saziano due persone e per i vegetariani il Bifrost, il carpaccio di rapa rossa con seitan affumicato o il Nidhafioll, le polpette di ceci in salsa di carciofi.
«Per concludere – dice lo chef – ho creato un dolce che sposa le due culture». Così il cremoso di ricotta di capra che richiama l’italianità dai piatti di formaggi che si mangiavano a fine pasto viene aromatizzato con l’idromele, guarnito con le pere cotte a bassa temperatura e caramellizzate con zucchero Moscovado dal sentore di liquirizia (nell’isola danese di Bornholm, da dove partivano i Vichinghi per le loro scorribande, nasce la miglior liquirizia del mondo), con le noci, con l’idromele e viene finito con una piccola porzione di favo completo di miele e spolverizzato con polline.
«Per il cenone di Capodanno – conclude Molon– ho pensato a un menù tutto vichingo. Iniziamo con una zuppa di lenticchie seguita da spezzatino di capra cotto a bassa temperatura. Per il dolce, visto che i vichinghi hanno invaso anche l’Inghilterra, ci sarà il pudding d’avena e una gelatina d’uva».
La carta dei vini è tutta italiana, cosiccome le birre e l’idromele che viene prodotto, su ricetta antica, in Emilia. 

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