È stato condannato a dieci anni di reclusione l’uomo che uccise a Penne la moglie colpendola alla testa con una statuetta di pietra che pesava due chili: l’81enne Gino Mazzini, che si trova in una casa di riposo, ha saputo dal suo avvocato, Antonio Di Blasio, della sentenza emessa ieri mattina dalla Corte d’Assise di Chieti, presidente Guido Campli, giudice a latere Maurizio Sacco. Il pubblico ministero Gabriella De Lucia della Procura di Pescara, aveva chiesto 30 anni di carcere.
I giudici hanno riconosciuto a Mazzini il vizio parziale di mente, circostanza attenuante generica prevalente rispetto alla contestata aggravante, e lo hanno dichiarato interdetto in perpetuo dai pubblici uffici. La moglie, Maria Cretarola, fu trovata, ferita, sul divano di casa, a Penne: era il 29 maggio del 2020, in piena emergenza Covid. La morte arrivò il 14 agosto dopo due passaggi, dapprima il ricovero in ospedale, quindi il trasferimento in un’altra struttura.
La difesa, con l’avvocato Di Blasio, ha puntato molto sulla mancanza della prova granitica del nesso di causalità fra il colpo subìto dalla donna e la morte, ha provato a dimostrare che le cause del decesso della donna sono legate a patologie pregresse e non alle lesioni riportate nell’aggressione ad opera del marito.
Mazzini, che ammise subito le proprie responsabilità in ordine all’aggressione davanti ai Carabinieri, non voleva che la moglie soffrisse a causa delle malattie e per questo la colpì alla testa: di qui l’accusa di omicidio volontario aggravato nei confronti della coniuge. Un processo di fatto brevissimo nei tempi in cui è stato celebrato ed è giunto a sentenza: una sola udienza, quella precedente, ed un solo testimone da sentire.