Dna e bugie: ecco come è stato arrestato il killer di D'Amico

Dna e bugie: ecco come è stato arrestato il killer di D'Amico
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Mercoledì 3 Febbraio 2021, 10:34 - Ultimo aggiornamento: 12:30

L’AQUILA - Nel giorno di quell’efferato omicidio non si trovava dove invece aveva dichiarato quando era stato ascoltato negli uffici del Comando provinciale dei carabinieri. E così quella che all'inizio sembrava una piccola contraddizione, ha invece indirizzato le indagini. 

E’ così che i carabinieri dell’Aquila hanno arrestato Gianmarco Paolucci, 26 anni, macellaio. E’ accusato di aver brutalmente ucciso, il 24 novembre del 2019, Paolo D’Amico, 55 anni, dipendente dell’Asm.

Indagini lunghe e complesse, arrivate ieri a una svolta. Il comandante provinciale Nazareno Santantonio e il procuratore Michele Renzo ne hanno illustrato i dettagli nel corso di una conferenza stampa.

Due gli elementi decisivi: prima è risultato che il ragazzo nelle ore del delitto non fosse nella propria abitazione, ma in realtà non lontano dalla casa della vittima. Poi è arrivata un'ulteriore conferma con le analisi effettuate dal reparto investigazioni scientifiche di Roma a cui sono stati inviati numerosi reperti della scena del crimine e campioni biologici: il Dna del 26enne era presente su un capo di abbigliamento indossato da Paolo D’Amico al momento del ritrovamento del suo cadavere.

Una traccia, unita a una macchia di sangue, che è rimasta per lungo tempo senza una identità fino all'individuazione del 25 enne, incensurato, a cui è stato prelevato un campione di saliva in occasione di un controllo.

"INDIZI GRAVI E CONCORDANTI"

Secondo il giudice per le indagini preliminari, Guendalina Buccella, i risultati delle indagini dei carabinieri «ravvedono gravi, univoci e concordanti indizi di reato». Dopo l’arresto e il trasferimento nel carcere di Frosinone, i militari del Nucleo investigativo hanno sottoposto a perquisizione e sequestro l'abitazione del giovane e le due autovetture in suo possesso, per compiere nei prossimi giorni ulteriori accertamenti tecnici.

LA RICOSTRUZIONE

D’Amico, 55 anni, operatore ecologico, venne trovato morto nella sua abitazione di Barisciano nel pomeriggio di domenica 24 novembre 2019 dalla madre e dal fratello, residenti a Roma.

I familiari arrivarono sul posto visto che non riuscivano a mettersi in contatto con l'uomo da diversi giorni e lo trovarono privo di vita, ricoperto di sangue nel garage della casa dove viveva solo da molti anni.

Immediatamente sono scattate le indagini che sono risultate sempre molto complesse in assenza di testimoni o indizi importanti.

GLI STUPEFACENTI

Se da un lato la presenza di numerose piante di marijuana, risultate coltivate dalla vittima, ha aiutato a comprendere come l'omicidio si fosse consumato per vicende relative alla droga o ai crediti maturati nei confronti di alcuni acquirenti (furono sequestrati in quell'occasione 9 chili di marijuana messi ad essiccare nel garage), dall'altro la vita schiva e appartata dell'uomo aveva contribuito a delineare uno scenario di difficile interpretazione, dove ogni pista sembrava percorribile. A questo è dovuto il lungo tempo necessario a districare la notevole matassa.

Fondamentale è stato l'operato dei carabinieri di Barisciano e del Nucleo radiomobile della Compagnia dell'Aquila che sono intervenuti sul posto per primi, delimitando l'area della scena del crimine, battuta centimetro per centimetro fino al giorno dopo e numerose altre volte dai militari della Sezione investigazioni scientifiche del Reparto operativo, specializzati nei sopralluoghi e nei rilievi tecnici.

L'ULTIMO GIORNO

Secondo le testimonianze D'Amico era ancora vivo la mattina di venerdì 22 novembre e aveva preso regolarmente servizio prima dell’alba. Verso le 10 era stato visto da un amico mentre tornava a casa. A quel punto è scomparso. La ricostruzione dei fatti, confermata da varie analisi, colloca temporalmente l'omicidio nel pomeriggio di quello stesso giorno. Due giorni dopo il cadavere è stato ritrovato.

Nel corso del tempo sono state oltre 100 le persone sentite dai militari: tutte hanno confermato l'attività e produzione e spaccio di marijuana da parte della vittima, un'attività che sarebbe cresciuta notevolmente dopo l'estate del 2019 quando l'uomo aveva messo ad essiccare ben 20 piante alte circa 2 metri coltivate nel suo terreno, ricavando una quantità significativa di sostanza da vendere. È in questo ambito in cui è maturato l’omicidio.

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