Teramo, a 11 anni lascia un biglietto sulla cattedra della maestra: «Zio mi molesta». L'uomo sotto accusa

Teramo, a 11 anni lascia un biglietto sulla cattedra della maestra: «Zio mi molesta». L'uomo sotto accusa
di Teodora Poeta
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Venerdì 17 Novembre 2023, 07:36

Un biglietto a scuola lasciato sulla cattedra dell’insegnante come richiesta d’aiuto. Poche righe in cui una ragazzina all’epoca appena 11enne di origine albanese, del Teramano, raccontava di presunte molestie da parte di uno zio, cugino di suo padre. Un racconto diventato in maniera più dettagliata un capo d’imputazione contro quell’uomo accusato di violenza sessuale su una minore infra quattordicenne, finito però a processo con l’imputazione coatta del gip dopo una richiesta d’archiviazione.

A far scattare le indagini, a gennaio del 2021, è stata la segnalazione ai carabinieri inviata dalla preside di una scuola della Val Vibrata frequentata dalla ragazzina. Prima, però, di contattare le forze dell’ordine la dirigente ha chiamato entrambi i genitori per informarli, «ma la mamma è apparsa dispiaciuta – ha raccontato in aula -, il papà, invece, ha cercato di minimizzare. Non era preoccupato per la figlia, quanto piuttosto per la comunità albanese». La segnalazione ai carabinieri lo avrebbe messo in cattiva luce all’interno della famiglia perché quell’uomo era un parente. Senza tener conto del fatto, così come ha lasciato intendere quel giorno alla preside il papà della ragazzina, che sua figlia ogni tanto diceva cose non vere. Tutto ribadito dal papà quando, sempre ieri, è stato sentito e ha fatto riferimento anche a passati episodi di amnesie di sua figlia.

Eppure, dopo quei fatti, suo cugino è stato allontanato dalla loro casa. «Non è che io non ci credo a mia figlia – ha detto il papà -, ma mi sembra una cosa impossibile.

Mio cugino l’abbracciava e la baciava sulle guance come se fosse una figlia femmina che non ha mai avuto». Secondo il papà della ragazzina, suo cugino avrebbe avuto nei confronti di sua figlia solo “amore per una figlia”, in questo modo l’ha definito. Per l’accusa, invece, quelle attenzioni, si parla di palpeggiamenti al seno, una mano sulla coscia, pizzichi, morsi, sarebbero stati ben altro, nulla a che vedere con l’affetto. «Con me non si è confidata perché aveva paura di far litigare il padre con lo zio», ha raccontato dispiaciuta la mamma, che ha aggiunto: «Io credo a mia figlia».

A processo, però, nessuno dei familiari si è costituito parte civile, mentre l’imputato è difeso dall’avvocata Maria Assunta Chiodi. La stessa mamma ha confermato che sua figlia è molto introversa e la preside ha precisato che all’epoca «era abbastanza fragile, aveva problemi relazionali, cercava amici tra i compagni che probabilmente non provavano per lei lo stesso interesse». Sarà a dibattimento, adesso, che si dovrà accertare la verità e stabilire se quanto raccontato dalla giovane, sentita in fase di indagini con l’incidente probatorio, corrisponde al vero.

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