Zakhar, Maria e il bimbo arrivato solo: le storie dei piccoli ucraini curati nel reparto di Pediatria. Una mamma di Kharkiv: «Grazie»

Zakhar, Maria e il bimbo arrivato solo: le storie dei piccoli ucraini curati nel reparto di Pediatria. Una mamma di Kharkiv: «Grazie»
di Marianna Galeota
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Martedì 5 Aprile 2022, 08:59 - Ultimo aggiornamento: 09:02

«Voglio dire un grande grazie a tutti i membri del vostro dipartimento di Pediatria, per la vostra cura e l’alto livello di professionalità, per i cuori gentili». Sono le parole piene di gratitudine della mamma di Zakhar, bimbo ucraino di 9 anni, ricoverato nei giorni scorsi nel reparto di Pediatria dell’ospedale San Salvatore a causa di una febbre alta. La donna e suo figlio, originari di Kharkiv, dilaniata dai bombardamenti, sono fuggiti dall’orrore della guerra facendo un lungo viaggio in auto per raggiungere L’Aquila. La donna, aiutata da una sua amica italiana, ha voluto prima delle dimissione del bambino, scrivere una lettera ringraziando il personale del reparto che li ha accolti, curando suo figlio. «Voglio sottolineare - scrive la donna - Il suo alto livello di lavoro, pulizia, ordine e disciplina. Grazie a ogni donna con un bambino che ci ha sostenuto. Quando la guerra finirà nella mia Ucraina e ripristineremo le città, saremo felici di vedervi».

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Parole commoventi che ha hanno toccato il cuore del personale del reparto e dello stesso direttore facente funzioni, il professor Giovanni Farello. «Sono parole piene di gratitudine che ci fanno un grande piacere e ci ripagano dell’impegno che mettiamo ogni giorno nel nostro lavoro a sostegno dei più piccoli- afferma- La donna non si aspettava un’assistenza così completa all’interno di un ospedale. Era meravigliata del fatto che potesse rimanere in camera con il bimbo e che avessero un pasto caldo». Zakhar, che non è risultato positivo al Covid, è stato curato e dimesso e ora sta bene. «Oltre a lui, il reparto ha ospitato un’altra bambina Ucraina, Maria, di 10 anni, fuggita con sua madre dalla zona est del Paese. Sono scappate quando i treni potevano ancora partire - racconta Farello-. Hanno affrontato un viaggio di un giorno intero e la bambina è arrivata da noi con una febbre persistente da circa 40 giorni. L’abbiamo curata, abbiamo fatto tutti gli esami, ed è stata dimessa. La seguiamo ancora nel nostro ambulatorio a causa della cefalea di cui soffre. Abbiamo curato, infine, un altro bambino ucraino che era arrivato solo con il passaporto.

Siamo pronti ad accoglierne altri se arriveranno, garantendo un’assistenza a 360 gradi, superando eventuali burocrazie che in questi casi di emergenza ovviamente non teniamo in considerazione».


Ad accomunare i bambini fuggiti dalla guerra, la grande gratitudine e il dover essere cresciuti prima del tempo. «Sono bambini che sembrano più grandi dell’età che hanno - spiega Farello - Sono piccoli ma dalla grande tempra. Non si lamentano mai e non piangono per i fastidi che ad esempio possono provare con un prelievo del sangue. Anzi, ringraziano sempre per quanto facciamo per loro. Sono anche molto stupiti quando si accorgono di avere una stanza di degenza propria e di non dover stare in corsia, come erano abituati nel loro Paese e come accadeva in Italia negli anni ‘60». Il reparto di Pediatria, intanto, continua a svolgere un grande lavoro per garantire assistenza anche ai bambini positivi al Covid. «Oltre ai bambini positivi, abbiamo anche long covid che presentano sintomi postumi come dolore toracici, mal di testa e difficoltà respiratorie», conclude Farello.

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