
L’assenza totale di osso mascellare ha da sempre rappresentato un ostacolo notevole per la riabilitazione implantare. Per i casi di estrema carenza ossea, ove impossibile, l’intervento d’elezione è stato per tanto tempo la ricostruzione tramite innesto di osso autologo che prevede un percorso terapeutico molto lungo (più di un anno) fatto di ricoveri ospedalieri, lunghe degenze, anestesie, protesi mobile, rischio elevato di infezioni e complicanze, oltre che dolore e impatto psicologico non indifferenti.

L’introduzione nella pratica odontoiatrica dell’impianto zigomatico prevede l’utilizzo di strutture scheletriche del cranio (diverse dalla consueta cresta mascellare dentale) come appoggi per l’applicazione e la stabilizzazione di impianti nell’osso zigomatico. Questa tecnica ha scalzato in modo sorprendente la difficoltà al recupero della funzionalità della bocca, permettendo l’applicazione dei denti nell’arco della stessa giornata nonostante l’estrema carenza di osso mascellare.

Dopo un primo protocollo di impianto zigomatico introdotto nel 98 dal prof. Brånemark chirurgo ortopedico ricercatore svedese che ancora causava qualche complicanza sia di intervento che di gestione del decorso post-chirurgico, siamo giunti a oggi con una nuova tecnica che ha completamente rivoluzionato il settore dell’implantologia dentale per la sua semplicità di esecuzione, sicurezza e successo.

«Gli impianti zigomatici iuxta-sinusali - ha chiarito il dottor Parravano - rappresentano il massimo dell’innovazione nella riabilitazione implantologica poiché garantiscono il recupero immediato di tutte le funzioni nell’arco di un solo giorno attraverso l’applicazione nella stessa giornata dei denti sugli impianti con l’ausilio di una tecnica chirurgica più semplice, sicura e meno invasiva della precedente senza ricorrere ad innesti ossei e rispettando l’integrità anatomica delle strutture ossee che sono interessate ( seno mascellare e zigomo) al minimo rischio di complicanze a differenza dei precedenti (trans sinusali) molto più invasivi e con alte percentuali di rischio>. La collaborazione tra l’equipe milanese e aquilana «rappresenta - conclude Parravano - l’aprirsi nella regione alla possibilità per tutti, anche i casi più gravi, di risolvere i propri difetti odontoiatrici senza necessità di ricorrere a procedure invasive e destabilizzanti».
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