Il dibattito sul Messaggero nel Pd dell'Aquila/ Stefano Palumbo: «Triste chi sgomita per i ruoli»

Stefano Palumbo del Pd
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Domenica 7 Giugno 2020, 14:54 - Ultimo aggiornamento: 14:56
Mi sono preso del tempo prima di rispondere all’articolo del Messaggero sulle vicende che hanno visto protagonista negli ultimi giorni il Pd aquilano. Lo faccio raccogliendo l’invito, avanzato nell’articolo, ad avviare una riflessione: “Il vero problema è l’assenza di classe dirigente” vi si afferma riferendosi alla generazione dei quarantenni. È vero, ha ragione. Almeno fino a prova contraria.

Leggi l'analisi di Angelo De Nicola

Il problema affonda a mio avviso le proprie radici più in profondità rispetto allo schema a cui siamo abituati a ragionare, “colpa della vecchia guardia o incapacità delle nuove leve?”. Parliamo dei millenials, di quella generazione nata come me nel XX secolo e diventata adulta nel nuovo millennio, cresciuta nel mezzo di un processo di totale destrutturazione del sistema politico e soprattutto partitico, all’interno di una società dove consumismo e individualismo hanno messo a dura prova non solo il concetto di bene comune, ma pure quello di comunità. Una generazione che all’Aquila, investita dai concomitanti effetti della crisi finanziaria mondiale del 2008 e da quelli socioeconomici del sisma 2009 e in ultimo della pandemia, si misura quotidianamente con il dramma della disoccupazione e sconta, contestualmente, la pesante perdita di capitale umano rappresentato dai tanti nostri coetanei che, costretti o per scelta, sono andati via dalla nostra città in cerca di migliori opportunità. Fattori da cui origina l’indifferenza alla politica, la mancanza di interesse alla partecipazione attiva nella gestione della cosa pubblica e dunque la difficoltà di una nuova classe dirigente ad affermarsi.

n’analisi, la mia, che non vuole e non deve rappresentare una giustificazione per nessuno, ma da cui non credo si possa prescindere rispetto a qualsiasi ragionamento di prospettiva. Perché, volente o nolente, è su questa generazione, e non su altre, che grava in questa fase il compito di risollevare le sorti della nostra città, della regione e del Paese. Non è l’anagrafe, ma la storia ad averlo deciso.

In tal senso rattristisce l’egoismo e la miopia con cui chi, sul palcoscenico politico da decenni, sgomita ancora in cerca di ruoli da ricoprire. Una miopia rispetto a cui purtroppo, alla prova dei fatti, non si è dimostrata immune neanche la generazione dei quarantenni, intrappolata tanto a sinistra quanto a destra nella riproduzione di quei modelli ereditati, ma ormai logori, causa dell’allontanamento delle persone dall’impegno politico, e incapace di proporre ed imporre sulla scena politica schemi e proposte nuove. C’è un popolo che soprattutto a sinistra non si ritrova, non nelle idee, ma in questi meccanismi in cui ognuno, individualmente, è occupato a coltivare il proprio percorso politico piuttosto che nella costruzione collettiva di una prospettiva comune.

Siamo capaci di costituirci, in un progetto nuovo, come valida e nuova alternativa rispetto, tanto al passato glorioso della nostra area di appartenenza, quanto alla destra sovranista e populista che governa oggi in modo disastroso L’Aquila e l’Abruzzo? È questa la domanda che voglio rivolgere pubblicamente a chi, tra la mia generazione, di area progressista e moderata, indipendentemente dalla bandiera di partito sotto la quale ragiona e anche soprattutto al di fuori di essi, si riconosce nei principi del pluralismo, del confronto e della democrazia rappresentativa. Solo nelle risposte sarà possibile trovare l’eventuale prova contraria alla rilevata assenza di classe dirigente.

Stefano Palumbo*
*Capogruppo del Pd
in Consiglio comunale dell'Aquila
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