Band inneggia alle Br, il figlio di una vittima si rivolge alla Polizia. Indaga la Digos

Band inneggia alle Br, il figlio di una vittima si rivolge alla Polizia. Indaga la Digos
di Berardo Lupacchini
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Giovedì 5 Maggio 2022, 08:27 - Ultimo aggiornamento: 09:24

Sul palco con il passamontagna bianco. Versi trap di carattere provocatorio, rime che rievocano le azioni delle Brigate Rosse, canzoni che finiscono per sembrare un'esaltazione della violenza che caratterizzò gli anni di piombo. E un caso vero e proprio che scoppia. E' quello per l'esibizione della "P38 La Gang", il gruppo musicale di quattro componenti che mantengono l'anonimato sui veri nomi. Le loro canzoni inneggiano alle Br e all’omicidio di Aldo Moro, sono in giro per l'Italia e sono stati ospitati in un locale della Pescara vecchia nella serata del 25 aprile.

Un concerto che però ha indotto Bruno D'Alfonso, luogotenente dell'Arma a riposo, a presentare un esposto alla Questura di Pescara che ha subito avviato le indagini. D'Alfonso è un cognome molto signficativo: è il figlio del carabiniere pennese Giovanni, vittima delle Brigate Rosse nell'azione che portò alla liberazione di Vittorio Vallarino Gancia, l'industriale vitivinicolo rapito ai fini estorsivi a Canelli il 4 giugno '75 vicino ad Acqui Terme; il bagno di sangue avvenne il giorno dopo. «Io e la mia famiglia, soprattutto mio figlio Paride, siamo profondamente turbati e non tolleriamo che persone, anche se giovani, adottino certe provocazioni nei confronti dello Stato, di fatto profanando il sacrificio di tanti uomini in divisa ed offuscando il loro eroismo», spiega Bruno D'Alfonso che è anche membro dell'Aiviter, l'associazione delle vittime del terrorismo.

«Una propaganda che sta creando una situazione potenzialmente pericolosa perchè fra i tanti seguaci prima o poi spunterà fuori qualche esaltato che realmente possa commettere atti violenti».

Il nome del gruppo cita la pistola degli Anni di Piombo, la stella asimmetrica a cinque punte nel logo, l’appellativo di “trapper brigatisti”. E' evidente il riferimento alle Brigate Rosse nelle scelte artistiche della band P38-La Gang che, una settimana dopo, il primo maggio ha portato sul palco a Reggio Emilia una serie di brani con riferimenti all’organizzazione terroristica. Una performance che ora fa discutere e che porta a definire il lavoro del gruppo un oltraggio alla memoria delle vittime del terrorismo.

Luca Falcone, titolare del circolo Scumm dove è avvenuta l'esibizione, ha provato a spiegare il suo punto di vista a Paride D'Alfonso, il nipote del carabiniere ucciso nel conflitto a fuoco in Piemonte in cui morì anche Margherita Cagol, la brigatista moglie di Renato Curcio. «Ti posso dire che li ho ospitati e gli ho permesso di mettere le bandiere (ce n'era una altrettanto improbabile della Corea del Nord) perchè appunto ho percepito l'intento provocatorio e l'ho accettato. Non mi compete la difesa delle intenzioni della band. Capisco però che per la famiglia D'Alfonso possa essere dfficile immaginare di poter scherzare su eventi sanguinosi e mi scuso per questo».

Emblematica una serie di canzoni come "Nuove Br", "Gulag" oppure "Renault" che fa cosi: "Zitto zitto pagami il riscatto, zitto zitto sei su una R4...". E poi "Presidente lei mi sembra stanco, la metto dentro una Renault 4, Brigate Rosse messo sul contratto". La copertina è una replica della foto scattata il 9 maggio, il giorno del ritrovamento del cadavere del presidente della Democrazia Cristiana. 

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