Pittrice uccisa, i giudici: «E' stato il figlio Simone, lo ha fatto per i soldi»

Pittrice uccisa, i giudici: «E' stato il figlio Simone, lo ha fatto per i soldi»
di Teodora Poeta
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Giovedì 24 Marzo 2022, 08:26 - Ultimo aggiornamento: 08:46

GIULIANOVA Simone Santoleri si prepara al ricorso in Cassazione. Da pochi giorni, infatti, sono state rese note le motivazioni della Corte d'assise d'appello dell'Aquila dopo che, lo scorso 16 dicembre, i giudici di secondo grado hanno confermato per lui 27 anni di reclusione, senza alcuno sconto di pena, e ridotto a 18 anni, invece, la reclusione a suo padre Giuseppe, che era stato condannato a 24 anni in primo grado per l'omicidio della pittrice teatina Renata Rapposelli e la soppressione del cadavere in concorso.

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Già al lavoro per preparare il ricorso davanti ai giudici della Cassazione l'avvocatessa Cristiana Valentini, secondo la quale «la sentenza d'Appello appare violare numerose norme del codice di procedura penale sul diritto alla prova».

Al contrario di quanto successo a Teramo, stavolta la testimonianza della farmacista Gabriella Di Sante è stata ritenuta inattendibile. «Sebbene in buonafede si legge nelle motivazioni - si sarebbe fatta suggestionare dal bailamme mediatico». Il nuovo ricorso punterà sul rigetto delle nuove richieste di prova avanzate dalla difesa di Simone per tentare di dimostrare ipotesi di morte alternative della povera Renata, scartate dai giudici aquilani.

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«Simone aveva una vera ossessione per il denaro» e questo è ribadito come il movente del delitto, che secondo la Corte, tuttavia, «va valutato unitamente al sicuro rancore che nutriva per la propria madre e all'indole impulsiva e violenta». In quanto a Giuseppe, in secondo grado è stato stabilito che «non solo abbia consumato, in concorso con il figlio Simone, il reato di distruzione del cadavere di Renata, ma che nell'occasione dell'omicidio di questa, abbia cooperato, seppure con un ruolo del tutto marginale, tanto più che in sede di interrogatorio lo stesso ha riferito, del tutto spontaneamente, che durante l'azione omicidiaria il figlio Simone lo invitò veementemente ad aiutarlo (vieni qua, scemo! Vieni qua! Aiutami)».

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Anche se a uccidere materialmente la mamma mediante asfissia meccanica sarebbe stato Simone, hanno ribadito i giudici d'Appello, in ragione della sua possenza fisica e della gracilità di Giuseppe, «affetto anche da handicap relativo alla funzionalità della mano sinistra da pregresso infortunio sul lavoro». Elementi che «con alto grado di probabilità logica» hanno portato a desumere che la morte di Renata sarebbe avvenuta per mano di Simone anche senza l'aiuto del padre, il quale con molta probabilità ricorrerà anche lui in Cassazione.

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