«E’ al via la procedura di rimborso tramite voucher per gli abbonati e i possessori di biglietti degli spettacoli programmati da Atcl e annullati a causa della chiusura dei teatri». L’indicazione però non è piaciuta ad Alfonso Antoniozzi, baritono e regista, che avrebbe preferito venisse garantita anche l’opzione rimborso monetario, «come stanno facendo tanti teatri in tutta Italia».
La comunicazione di Atcl è valida per una serie di teatri nel Lazio, tra cui l’Unione a Viterbo, il Don Paolo Stefani a Caprarola, il Lea Padovani a Montalto di Castro e il Rossella Falk a Tarquinia. Causa Covid, gli spettacoli della stagione 2019-2020 già rinviati in autunno sono stati definitivamente annullati. I voucher sugli abbonamenti saranno emessi dal botteghino quando riaprirà, sui biglietti occorre inviare una mail a rimborsi.atcl@gmail.com con una foto del tagliando entro il 18. Chi ha acquistato su ticketone.it dovrà a questo rivolgersi.
Antoniozzi - che sta lavorando su “A riveder le stelle”, in scena alla Scala di Milano, lunedì prossimo, dalle 17 in diretta su Raiuno – però non vede bene questa decisione. «Sono sorpreso e perplesso – dice - dal fatto che Atcl offra soltanto l’opzione del voucher. E’ vero che la legge è piuttosto fumosa, ma molti teatri italiani si sono orientati nell’ottica del rispetto del pubblico e della libertà di scelta».
La buona pratica degli organizzatori teatrali, secondo lui, «ha scavalcato le intenzioni del legislatore e avendo attenzione per il proprio pubblico si sono posti questa domanda: se ho organizzato uno spettacolo e lo spettatore voleva vedere solo quello, perché devo imporgli di vedere un’altra cosa? Non è per me il modo corretto di fidelizzare lo spettatore.
Da qui l’invito ad Atcl a rivedere la scelta. «Dovrebbe seguire la linea dettata ad esempio dalla Scala, ma anche a Fermo e dal teatro Galli di Rimini: hanno capito che non è restando attaccati a quei denari che si mantiene vivo il rapporto con il pubblico. Si offra la possibilità di vedersi rimborsati i biglietti, oltre al voucher. In un periodo di crisi come questo magari quei soldi possono fare comodo». Non si può seguire la terza opzione adottata da altri: lasciare i soldi nelle casse del teatro. «Perché purtroppo non ce le abbiamo: l’Unione ospita - conclude - ma non che produce».