“Le vittime – ricorda Vincenzo Ceniti, console del Touring e all’epoca dirigente dell’ Ente provinciale per il turismo, testimone dei soccorsi – furono 36 tra cui 3 bambini: Michela Borgi, Pierluigi Scriboni e Romolo Arpini. Gli sfollati, oltre 4.000, più della metà degli abitanti”. La terrà tremò alle ore 19,09 con una prima scossa, 4,46 di magnitudo (ottavo grado della scala Mercalli). Alle 22,25, la seconda, 3,56 di magnitudo.
“Il centro storico – rammenta Ceniti - è pressoché totalmente crollato. Saltano luce, acqua, gas e linee telefoniche. La popolazione si riversa nelle strade in uno scenario apocalittico con polvere, grida e lamenti. Le scosse vengono avvertite anche a Viterbo da dove partono i primi soccorsi: vigili del fuoco, carabinieri, soldati, agenti di polizia, giovani del volontariato, ambulanze, fotoelettriche. Il ministero dell’Interno mette in moto i reparti della colonna mobile”.
Alle prime ore dell’alba del giorno, è già operativa una tendopoli in località Guadigliolo 1.100 posti, completa di cucina da campo, infermeria e servizi. Gravissime ferite si registrarono nelle chiese di San Pietro e Santa Maria Maggiore. Nella prima crollò il catino dell’abside e il rosone di San Pietro, nonché l’affresco dell’Ascensione di Cristo. A Santa Maria Maggiore gravemente lesionato il grande affresco del Giudizio Finale. Il 7 arrivarono in elicottero il presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat, e il capo del Governo, Emilio Colombo.
“Le operazioni di ricostruzione – annota Ceniti - hanno registrato ovunque ammirazione per tempestività ed efficacia. I lavori iniziarono nella parte esterna al centro storico una settimana dopo il terremoto. Merito anche di una popolazione testarda e tenace, di antico lignaggio etrusco, legata mani e piedi al territorio”
© RIPRODUZIONE RISERVATA