Alex, 33 anni, fa parte della “Scuola di sci Monte Bianco” di Courmayeur, in Val d’Aosta, la più grande d’Italia, che tra i vari servizi offerti prevede anche un corso-base per bambini, pensato appositamente per instradare i più piccoli agli slalom. Ci racconta al telefono: «Tutti coloro che frequentano il corso per diventare maestri e ottenere il brevetto, della durata di un anno, affrontano una sezione dedicata ai corsi per bambini, di modo che ognuno possa trasmettere i rudimenti della disciplina. Poi sta alla sensibilità personale specializzarsi nell’insegnamento a un tipo particolare di allievo. A me sono capitati molti bambini, faccio questo lavoro da 12 anni, dipende da come il maestro si pone nei confronti di chi ha davanti.»
A che età è consigliabile avvicinarsi allo sci?
«Non c’è un’età fissa per tutti, dipende dal bambino. Generalmente, già a tre anni va bene, ma diciamo che i quattro, cinque anni sono l’età ottimale. Fondamentale è l’approccio iniziale, metterli a proprio agio e far capire loro che hanno di fronte una persona amica. Le bambine, magari, hanno più carattere dei maschietti, quindi imparano anche più in fretta; può capitare, invece, che i maschi piangano, ottenendo risultati in più tempo.»
Ci sono dei “trucchi” che usate per rendere l’esperienza ancora più piacevole?
«Sul campetto, oltre al “tappeto” – una pista di prova che usiamo qui a scuola, lunga 40, 50 metri e con una pendenza lieve, del quattro per cento –, ci sono anche dei giochi che servono a rendere l’ambiente più festoso. Poi usiamo dare qualche ricompensa, come delle medagliette. Ma tutto sta al bambino e a come reagisce alle sollecitazioni del maestro.»
Come è strutturato il corso-base per bambini?
«C’è la possibilità di fare un’ora singola oppure un corso completo di cinque giorni, dal lunedì al venerdì, con lezioni da un’ora e mezza. Già dopo tre o quattro ore, se il maestro vede che l’allievo impara velocemente, può proporgli di provare una pista, ovviamente non difficile e adatta al suo livello. Ciò che conta è non forzare troppo, perché magari ci sono bambini bravi sul tappeto che poi in pista sono più spaventati.»
Quali sono le prime cose da insegnare a un allievo-bambino?
«Se mi si presenta un allievo di tre anni, la prima cosa che gli insegno è scendere a spazzaneve (con le punte ravvicinate e le gambe dritte); il maestro scia all’indietro, davanti al bambino. Se poi ci sono più allievi, li si può accoppiare: in questo caso si usa il ferma-punte, che tiene unite le punte dello sci, così che il bambino debba solo stare con le gambe e i piedi larghi.»
Com’è il rapporto con i genitori dei tuoi piccoli allievi?
«Da parte mia, ci metto molto impegno e i genitori questo lo vedono e lo apprezzano. Mal che vada, se i figli non apprendono quanto mamma e papà avrebbero voluto, faccio da baby sitter. Il rapporto non dev’essere conflittuale e non bisogna mai lasciare le cose al caso».
In tutti questi anni di attività, c’è un ricordo particolarmente piacevole, di un bambino a cui ti sei affezionato?
«Sì, è un bambino che vive a Londra e si chiama James, ha la mamma italiana e con lei e il papà siamo rimasti in contatto. Quando è venuto da me aveva cinque anni e già prendeva lezioni da un altro istruttore. Si impegnava tanto, ci metteva un impegno incredibile, io stesso mi sono stupito. Poi ho visto che tossiva spesso: la mamma mi ha confessato che è malato, ha la fibrosi cistica, respira con difficoltà e vive prendendo antibiotici. Ora so che sta male, infatti è già un inverno che non viene a sciare. Mi auguro solo che stia bene.»
Tra coloro che si rivolgono alla vostra scuola, ci sono anche famiglie con bambini di Roma?
«Per l’esperienza che ho, di solito i romani vanno sulle Dolomiti, in località come Cortina. Ma da quattro, cinque anni abbiamo registrato un leggero aumento di clienti da Roma. Merito della buona pubblicità che è stata fatta a Courmayeur in tv e, credo, della nuova funivia del Monte Bianco.»