Papa Francesco, mea culpa per il razzismo in Canada costato la vita ai bambini Inuit

Papa Francesco, mea culpa per il razzismo in Canada costato la vita ai bambini Inuit
di Franca Giansoldati
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Domenica 6 Giugno 2021, 17:31 - Ultimo aggiornamento: 13 Giugno, 14:48

Città del Vaticano – Il Papa all'Angelus ha chiesto scusa. Gli effetti del movimento Black Lives Matter  si fanno sentire anche sulla Chiesa. Le tracce scomode di un passato colonialista e razzista gli hanno fatto prendere le distanze da quello che è accaduto (fino a poco tempo fa) in Canada. La Chiesa non ha saputo difendere la cultura dei bambini Inuit e Metis. «Bisogna allontanarci dal modello colonizzatore e delle colonizzazioni ideologiche di oggi e camminare a fianco nel dialogo, nel rispetto e nel riconoscimento di diritti e valori culturali».

Francesco si riferiva ad un fatto tanto sconvolgente quanto emblematico, il ritrovamento in Canada di una fossa comune contenente i poveri resti di 215 bambini indigeni morti per diverse cause a seguito della segregazione razziale e della separazione forzata che i governi canadesi hanno portato avanti attraverso l'Indian Act, il sistema delle riserve indiane, delle scuole residenziali e di altri programmi tesi alla assimilazione culturale degli Inuit e dei Metis

«Seguo con dolore le notizie che giungono dal Canada circa la sconvolgente scoperta dei resti di 215 bambini della Kamloops Indian Residential School nella provincia della Columbia britannica.

Mi unisco alla chiesa cattolica del Canada nell'esprimere vicinanza al popolo canadese traumatizzato dalla scioccante notizia. Questa triste scoperta accresce la consapevolezza dei dolori e delle sofferenze del passato. Le autorità politiche e religiose continuino a collaborare con determinazione per fare luce su questa triste vicenda e per impegnarsi in un cammino di guarigione» ha detto il pontefice facendo riferimento alla segregazione dei popoli indigeni canadesi portata avanti dai governi per la colonizzazione dei territori.

La questione è esplosa drammaticamente la scorsa settimana quando nella Columbia Britannica è affiorata una fossa comune con i resti di 215 bambini indigeni, tutti scomparsi senza essere documentati. La loro età andava dai 3 ai cinque anni.

Tra il 1867 e il 1996, lo stato canadese ha di fatto 'rapito' più di 150.000 bambini indigeni sottraendoli ai loro genitori per mandarli in scuole predisposte per garantire ai piccoli la assimilazione forzata. Le scuole erano sia statali che gestite dalla Chiesa. Migliaia di loro sono stati sottoposti ad abusi fisici, emotivi e, purtroppo, anche sessuali. Secondo una commissione nazionale il loro numero complessivo arriva a 3.213 morti anche se si teme che il numero reale sia certamente molto più alto.

Per decenni, il tasso di mortalità dei bambini indigeni in queste scuole ha oscillato tra il doppio e il quintuplo degli scolari non indigeni. Suicidi, abbandoni e malattie. Nei rapporti governativi si legge che centinaia sono morti senza cure adeguate per malattie come tubercolosi, influenza, polmonite. Altre volte le cause dei decessi resta sconosciuta. 

Durante la epidemia di Spagnola, attorno al 1918, il preside di una scuola di Alberta scrisse in una lettera al dipartimento: «Non abbiamo un reparto di isolamento e nessun tipo di attrezzatura ospedaliera. I morti, i moribondi, i malati e i convalescenti stanno tutti insieme». Alcune scuole, si legge nel rapporto, erano gestite direttamente dal governo, altre erano amministrate dalla chiesa, anche se tutte però condividevano la missione di assimilare culturalmente i bambini Inuit e i Metis.

Nel 2015 è stato pubblicato un rapporto nazionale sconvolgente. Di fatto il Canada deve fare per fare i conti con il suo passato e avviare una forma di risarcimento per i 1,7 milioni di indigeni. La commissione ha anche identificato 20 tombe senza nome nelle ex scuole residenziali canadesi. 

L'episodio canadese e il mea culpa di Papa Francesco fatto oggi all'Angelus fa venire alla mente un altro importante momento. Quattro anni fa durante il viaggio in Irlanda, il Papa si fece portavoce di un atto di scuse collettivo per le colpe commesse dalla Chiesa irlandese, in particolare da alcuni istituti di religiose, per le decine di migliaia di bambini abusati sessualmente e fisicamente nelle scuole gestite da religiosi all'inizio del secolo, e alle donne che erano costrette a vivere e lavorare nelle lavanderie e a rinunciare ai loro figli se rimanevano incinte fuori dal matrimonio.

«Chiediamo perdono per quei membri della gerarchia che non si sono assunti la responsabilità di questa dolorosa situazione, e che hanno mantenuto il silenzio. Possa il Signore mantenere questo stato di vergogna e di compunzione e darci la forza affinché questo non accada mai più, e che ci sia giustizia».

Solo nella cittadina di Tuam erano morti 796 bambini in un orfanotrofio cattolico, la maggior parte durante gli anni '50. I bambini sono stati sepolti in una fossa comune. Secondo un rapporto pubblicato da una commissione indipendente in Irlanda morirono circa 9.000 bambini nelle istituzioni cattoliche. Le principali cause di morte includevano infezioni respiratorie e gastroenterite, altrimenti nota come influenza intestinale.

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