Tuttavia ad una domanda esplicita su quanto sia stato finora risparmiato con gli accorpamenti effettuati in questi anni con alcuni dei pontifici consigli, Semeraro ha risposto un po’ imbarazzato dicendo di non saperlo. «Di queste cose se ne occupa la Segreteria per l’Economia». Eppure la riforma della curia e la decisione di accorpare diversi organismi era stata decisa all’inizio del pontificato proprio per riuscire a fare economia, all’insegna di una spending review, poichè il peso economico delle strutture cominciava a diventare non più sostenibile per le casse vaticane.
Il vescovo di Albano, nella sua relazione, ha ricordato che i criteri guida della riforma sono stati elencati da Francesco in alcuni suoi discorsi. La «sussidiarietà», per esempio, che «deve servire di sostegno per i membri del corpo sociale e non mai distruggerli e assorbirli». La «decentralizzazione», la «gradualità», che implica tappe, verifiche, correzioni, sperimentazioni, approvazioni ulteriori: non si tratta dunque di «indecisione» ma di «flessibilità necessaria» per poter ottenere una vera riforma e «non è da escludere che tale criterio rimanga pure a promulgazione avvenuta». La «tradizione», che è il principio della fedeltà alla storia e della continuità col passato: sarebbe “fuorviante” pensare ad una riforma che stravolga l’intero impianto curiale. Si tratta dunque di lavorare «a lunga scadenza - ha aggiunto Semeraro - senza l’ossessione dei risultati immediati».
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