All'inferno non c'è nessuno. Nemmeno le anime dannate, persino le più cattive. Papa Francesco in tv da Fabio Fazio, interpellato in materia, ha sdoganato definitivamente la tesi teologica che in quel luogo terrificante in realtà non ci sia nessuno. Naturalmente ha spiegato che si tratta di una sua «speranza» personale e non «di un dogma di fede. Tuttavia - ha sottolineato ai telespettatori - a me piace pensare l'inferno vuoto e spero sia una realtà.
SCONTRO
La possibilità che l'inferno sia un luogo eterno senza inquilini è stata attribuita ad uno dei più grandi teologi cattolici del XX secolo, lo svizzero Hans Urs von Balthasar anche se lui ha sempre negato di avere mai detto una cosa del genere. L'equivoco risale agli anni Ottanta, all'indomani di un convegno sul pensiero di Adrienne von Speyr che riprendeva la sua riflessione escatologica. Von Balthasar affermava solo che sperare la salvezza eterna di tutti gli uomini non è contrario alla fede. Anzi. E' un filone già elaborato in passato da diversi Padri della Chiesa, tra i quali Origene e Gregorio Nisseno e condivisa da teologi contemporanei come Guardini e Daniélou e de Lubac.
Giovanni Paolo II in una catechesi sull’inferno ebbe a parlare dell'inferno vuoto, senza nessuno, ma come ipotesi misteriosa: «la dannazione rimane una reale possibilità, ma non ci è dato di conoscere, senza speciale rivelazione divina, se e quali esseri umani vi siano effettivamente coinvolti». Di fatto la grande questione di fede resta appesa e senza conclusioni certe, anche se esiste un passo del Vangelo di Marco piuttosto esplicito che dice: «E questi se ne andranno al castigo eterno, i giusti invece alla vita eterna».
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Il dilemma è stato da sempre oggetto di aspre nonchè dottissime battaglie teologiche.
Il terreno della riflessione essendo talmente sdrucciolevole e complesso non poteva che sollevare un putiferio senza fine anche per una uscita del Generale dell'Ordine dei Gesuiti, Arturo Sosa Abascal, il quale, alcuni anni fa, durante una tavola rotonda, argomentava che il diavolo non è di certo un esserino rosso, provvisto di corna, con il forcone e la coda. «Bisogna capire gli elementi culturali per riferirsi a questo personaggio. Nel linguaggio di sant’Ignazio è lo spirito cattivo che ti porta a fare le cose che vanno contro lo spirito di Dio. Esiste come il male personificato in diverse strutture ma non nelle persone, perché non è una persona, è una maniera di attuare il male presente nella vita umana (…) quindi il diavolo esiste come realtà simbolica, non come realtà personale» spiegava Sosa. Minimizzare il potere di Satana fece fare un salto sulla seggiola a padre Francesco Bamonte, già presidente dell’Associazione internazionale esorcisti (Aie) che in un comunicato definiva le parole di padre Sosa «gravi e disorientanti», specie se prese alla lettera ed estraniate dalla situazione in cui sono state espresse.
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Il "chiarimento"
Per fare luce e aiutare i fedeli a non confondersi troppo le idee, anni addietro, la Civiltà Cattolica sotto la direzione del grande padre Gianpaolo Salvini, affidò il compito di chiarire una volta per tutte l'argomento facendo distinzione tra le tante ipotesi teologiche e il magistero. Padre Giandomenico Mucci, estensore di un dotto intervento valido ancora oggi, annotava: «Il Magistero della Chiesa sull'inferno insegna tre cose. La prima: esiste dopo la morte terrena uno stato, non un luogo, che spetta a chi è morto nel peccato grave e ha perduto la grazia santificante con un atto personale. E la cosiddetta retribuzione dell'empio. La seconda: questo stato comporta la privazione dolorosa della visione di Dio (pena dal danno). La terza: in questo stato c'è un elemento che, con espressione neotestamentaria, è descritto come «fuoco» (pena del senso). Le due pene, e quindi anche l'inferno, sono eterne. Il lettore che vorrà conoscere la secolare documentazione dogmatica potrà consultare un qualsiasi trattato teologico di escatologia».
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