Cocaina tra Perugia e Umbertide, per gli spacciatori stipendio di 6mila euro al mese, più auto e casa. Sequestrati 11 chili di droga

L'operazione è stata portata a termine dai carabinieri di Assisi
di Egle Priolo
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Domenica 27 Marzo 2022, 08:46 - Ultimo aggiornamento: 16:34

PERUGIA «Un bel tiro». O «una bicicletta». Un codice utile a parlare al telefono di dosi di cocaina nella speranza di non farsi capire. Ma la rete lanciata per due anni dai carabinieri della Compagnia di Assisi, coordinati dal procuratore aggiunto Giuseppe Petrazzini, non si è fatta bucare da queste attenzioni, stroncando - come raccontato ieri su queste colonne - una super banda impegnata tra Perugia e Umbertide nel far arrivare sulle piazze umbre chili e chili di cocaina. Ventisei le persone che risultano indagate, tra cittadini albanesi, romeni e un pensionato italiano 63enne residente a Torgiano, per traffico di stupefacenti dalla Direzione distrettuale antimafia di Perugia, con le ricerche che hanno interessato le province di Perugia, Terni e Roma. Ma come sottolineato da una nota del procuratore capo Raffaele Cantone solo in sei sono stati localizzati: un albanese è stato arrestato e portato a Capanne, due connazionali sono stati sottoposti all'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e a un altro è stato notificato il divieto di dimora nella regione. Le ricerche hanno anche consentito di individuare e sottoporre agli arresti domiciliari una donna romena e l’italiano.

I DUE GRUPPI

Secondo quanto emerge dall’ordinanza firmata dal gip Valerio D’Andria, le indagini hanno consentito di individuare il “gruppo Perugia” e il “gruppo Umbertide”, in base alla zona di spaccio. «Il primo gruppo - riassume il gip - era strutturato con due soggetti residenti all’estero che si occupavano dei contatti con gli acquirenti e un gruppo di cosiddetti cavalli che operavano in Italia, consegnando lo stupefacente ai clienti secondo le indicazioni fornite dai “telefonisti”». Altri componenti si occupavano di aspetti logistici, come case e auto per «consentire l’operatività dei cavalli», gli spacciatori al dettaglio, impegnati da Castel del Piano a Pila e Sant’Andrea delle Fratte. Il gruppo Umbertide, invece, secondo Petrazzini, è «composto da membri di una medesima famiglia albanese», per cui il gip però non ha ravvisato «l’esistenza di una vera e propria associazione». Le indagini hanno documentato più di 500 cessioni di stupefacente organizzate così, con l’impiego di manovalanza offerta da cittadini albanesi arrivati nel Perugino con il proposito di permanere in Italia, a disposizione del sodalizio, per i tre mesi consentiti da un visto turistico: alla fine del periodo tornavano in Albania con nuove forze pronte a sostituirli. Nel corso dell’inchiesta i militari hanno sequestrato oltre 20mila euro in contanti e sono riusciti a intercettare due carichi di cocaina, uno di 6 chili proveniente dalla Germania e un altro di 5 trovato nella disponibilità di uno degli indagati ad Assisi: venduti al dettaglio avrebbero fruttato oltre 3 milioni di euro. L’ORGANIZZAZIONE

E mentre ora saranno estese anche all’estero le ricerche degli altri complici, annuncia la procura, dall’ordinanza emerge anche l’organizzazione rodata e considerata sicura dagli spacciatori: non solo i telefonisti usati come una call center della droga, con le ordinazioni fatte via cellulare e le consegne effettuate indicando solo luogo e quantità in caso di intercettazioni, quanto la logistica e forme di collaborazione stabile, neanche fossero contratti di una piccola media impresa dello spaccio. «Emerge - riassume il gip - come lo spacciatore al dettaglio viene inserito in un’organizzazione che gli fornisce l’alloggio e una vettura e che dietro il pagamento di un fisso gli garantisce, poi, il guadagno di tutta l’eccedenza ricavata dall’attività di spaccio».

Uno stipendio praticamente regolare che fa dire a un membro della banda anche «si tratta di un lavoro pericoloso» ma che faceva guadagnare «da 4.000 a 6.000 euro al mese».

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