Per lo più riferibili a «compensi o rimborsi riconosciuti a collaboratori» del gruppo, alla fattura di una tipografia per cinquemila euro che «risulterebbe falsificata» o all’«acquisto di cialde per macchina da caffè, vino, altri beni e strenne natalizie» vale a dire «spese giudicate non inerenti al funzionamento del gruppo né sotto il profilo della rappresentanza né dei materiali d’ufficio». Un’altra voce di danno - si legge nella sentenza - è rappresentata dalle «somme rimborsate a Dottorini per l’utilizzo della propria autovettura di servizio per trasferte non connesse allo svolgimento di attività del gruppo». Ergo, 57 mila euro (riferiti agli anni 2011 e 2012) «addebitati a titolo di dolo anche in ragione della mancata allegazione dei documenti alla rendicontazione».
Dottorini, rappresentato dall’avvocato Marco Brusco, aveva sin da subito «chiesto la sospensione del giudizio all’esito di quello penale» puntando, in ogni modo, sul fatto che le contestazioni fossero «infondate in quanto le spese sostenute sarebbero espressione delle esigenze istituzionali del gruppo e del ruolo direttivo». «Nel caso di specie - si legge in sentenza - non può assumere rilievo dirimente ai fini del decorso del termine di prescrizione la data di richiesta di rinvio a giudizio penale». E «la declaratoria di prescrizione sull’intero danno invocato rende superflua la disamina dell’altra eccezione preliminare di sospensione del giudizio nonché del merito della vicenda».
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