Perugia, 'ndrangheta e appalti: «Silenzio eccessivo, quasi un fastidio per le istituzioni»

Perugia, 'ndrangheta e appalti: «Silenzio eccessivo, quasi un fastidio per le istituzioni»
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Domenica 1 Marzo 2020, 13:43
PERUGIA - Un silenzio eccessivo. Da rompere in qualunque maniera. Per evitare di abituarsi alla presenza criminale in Umbria. Ma anche per capire come sia possibile che aziende e personaggi in forte odore di 'ndrangheta possano mettere le mani su appalti pubblici. Dopo gli ultimi arresti eseguiti dalla squadra mobile di Perugia su delega della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, dopo aver scoperto che tre presunti appartenenti a quella che per gli investigatori è una delle famiglie mafiose più importanti di Sant'Eufemia d'Aspromonte stavano lavorando a un cantiere per la posa della fibra ottica tra Panicale e Piegaro, il silenzio viene rotto da Mauro Moriconi, responsabile Cgil zona Trasimeno-Media Valle del Tevere.

«Il recente arresto in Umbria del figlio e del nipote del capo “pericolosissimo", più “il picciotto” con “compiti operativi per le estorsioni” nell’ambito dell’inchiesta Eyphemos della direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria riporta (o almeno dovrebbe riportare) all’attenzione dell’opinione pubblica il fenomeno delle infiltrazioni malavitose nell’economia della nostra regione. Questa volta nella maxioperazione condotta su scala nazionale, le tre persone vengono arrestate al Trasimeno: come mai tutte e tre si trovavano in Umbria? Come mai mafiosi e 'ndranghetisti decidono di stabilirsi nel cuore verde d’Italia per i loro affari? Non esistono più ormai isole felici, e lo sappiamo bene, sono le risultanze delle indagini a certificarlo e non è la prima volta che il Trasimeno è tirato in ballo da indagini e risultanze investigative - dice Moriconi -. Eppure, c’è un silenzio eccessivo, quasi un fastidio nell’apprendere notizie drammatiche come queste, sembra che il tessuto sociale, ma anche istituzionale, dell’Umbria non abbia più gli anticorpi per respingere il dilagare del malaffare, che non ci sia più la capacità di indignarsi».

«C’è bisogno di tornare alla mobilitazione con la consapevolezza che ognuno deve fare la sua parte e che ciò che abbiamo fatto finora (chi più chi meno) è comunque poco - prosegue Moriconi -. Nel dare atto a Libera (con cui la CGIL collabora da anni) di essere l’unica associazione che con continuità si impegna “contro” le mafie, registriamo la scarsa attenzione di politica e istituzioni rispetto al contrasto di fenomeni che rischiano di inquinare irrimediabilmente il sistema economico e la convivenza civile nei nostri territori. E’ vero che c’è il coronavirus, ma qualche attenzione in più a temi di questa portata andrebbe dedicata.L’idea che tanto riguarda altri, che tanto il nostro territorio è immune da certi rischi, costituisce il brodo di coltura dove prolifera il virus del malaffare e dell’illegalità. Non giriamoci dall’altra parte perché queste (per dirla con il titolo di un libro di don Luigi Ciotti) “Sono storie che ci riguardano”! Tutti».
 
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