«La ‘Ndrangheta arriva
ma qui in Umbria non c’è omertà»

Il procuratore generale Fausto Cardella
di Egle Priolo
5 Minuti di Lettura
Domenica 2 Febbraio 2020, 17:02
PERUGIA - La 'ndrangheta in Umbria? C'è, ma qui ha trovato un utile vaccino nell'assenza della paura dei cittadini a denunciare. Ne è convinto Fausto Cardella, procuratore generale di Perugia, che nel corso del suo intervento per l'inaugurazione dell'anno giudiziario si è soffermato sul problema delle infiltrazioni mafiose in regione, soprattutto dopo le recenti inchieste che hanno portato alla ribalta i rapporti tra Calabria e Umbria. «La presenza di organizzazioni criminali, essenzialmente di matrice 'ndranghetista, nel distretto dell'Umbria trova conferma nelle indagini della procura distrettuale di Perugia e in quella di altre procure. L'allarme lanciato dalla magistratura e dalle forze dell'ordine non era fuori luogo né eccessivo», sottolinea il procuratore.

Chiedendo «perché mai l'Umbria sarebbe dovuta restare indenne» al desiderio delle mafie di espandersi se sono arrivate anche in «Lombardia, in Emilia Romagna e in altre nobilissime regioni, diverse e lontane dal luogo di origine». «La ricchezza della regione, anzi, unitamente a una crisi economica generale ha costituito una indubbia attrattiva per le forze criminali», insiste Cardella. Ma « sembra che l'infiltrazione criminale sia avvenuta, per il momento, con l'immmissione di capitali nell'economia della regione. Mancano – è la convinzione del procuratore generale -, infatti, chiari e costanti segni di radicamento sul territorio, quali le estorsioni, il pizzo ai negozi, i danneggiamenti». «Manca – è il passaggio saliente di un intervento nitido e accorato -, soprattutto l'omertà, manca la paura della gente a denunciare, manca la rassegnazione o la convenienza a subire le imposizioni mafiose da parte della sana e laboriosa gente umbra, che mostra di aver fiducia nello stato».

Il procuratore, nel corso dell'inaugurazione, ha anche parlato del pericolo terrorismo («legato a presenze di soggetti attestati su posizioni radicali, potenzialmente in grado di creare cellule di reclutamento»), ma anche del dibattito sulla prescrizione («datato, fuori tempo massimo»). Soffermandosi, tra l'altro, sul traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti che «costituisce l'attivitò principale di differenti e numerosi gruppi criminali», in provincia sia di Perugia che di Terni. Droga che arriva in Umbria da Nord Europa, Olanda, Germania e pure Milano – nel caso della cocaina -, mentre l'eroina arriva tramite traffici albanesi o dal centro e dal sud Africa. La marijuana invece «segue il canale della rotta balcanica, ma anche la rotta Spagna, Roma, Terni, Spoleto, Perugia. «Tuttavia – conclude Cardella -, benché lo spaccio di stupefacenti sia il principale fenomeno criminale del distretto, l'attività di prevenzione e repressione, combinate, sembrano aver sortito almeno il benefico effetto di ridurre le morti per overdose, potendosi registrare 5 decessi nel periodo tra l'1 luglio 2018 e il 30 giugno 2019, a fronte dei 13 decessi» dello stesso periodo dell'anno precedenti.

Dati e analisi importanti, per comprendere (e combattere) il sottobosco nero della regione. Attività che passa anche per il ruolo dell'informazione. «Si diceva una volta che il magistrato deve parlare solo per sentenze – dice il pg Cardella -. Oggi tale principio è superato dalle pressanti esigenze della informazione e del controllo sociale e il magistrato con sobrietà e con compostezza deve collaborare, offrendo una informazione tecnica e obiettiva, scevra da personali valutazioni ed enfasi. Comunicare, subito dopo la lettura del dispositivo, i motivi principali della decisione, che saranno noti, sostenuti da dotte argomentazioni, dopo un tempo sideralmente lontano dalle esigenze dell'informazione, è possibile. Lo ha fatto la Corte Costituzionale, dimostrando di essere sensibile alle giuste esigenze di questo tempo». Per il pg «la segretezza delle investigazioni va tutelata, ma finché serve ed è compito del pubblico ministero individuarne il limite». «Cessata questa esigenza - ha proseguito -, però, occorre consentire a tutti, dico a tutta la stampa, un disciplinato ed equo accesso agli atti». Per Cardella «il diritto di cronaca va declinato come “diritto” per i cittadini, che tramite l'informazione hanno modo di formarsi un'opinione sul funzionamento e anche sul comportamento di chi esercita funzioni pubbliche tanto rilevanti, come il magistrato».

NECESSARI 13 ANNI PER SMALTIRE I PROCESSI PENDENTI

Con quasi centomila procedimenti pendenti, solo nei tribunali del civile e del penale di Perugia, Terni e Spoleto, ci vorrebbero più di 13 anni in totale per chiudere tutti i fascicoli. Ma senza aprirne di nuovi. Un tempo notevole che dà il senso dell'iper lavoro ma anche dell'ingolfamento del sistema giustizia, che migliaia di cittadini provano ogni giorno sulla propria pelle. E questo nonostante, nell'ultimo anno, i tribunali umbri abbiano lavorato chiudendo – in media – più procedimenti di quelli sopravvenuti. Un dato che emerge dalla relazione del presidente della Corte d'appello di Perugia Mario Vincenzo D'Aprile per l'inaugurazione dell'anno giudiziario.

Tra il primo luglio 2018 e il 30 giugno 2019, infatti, nei tribunali civili di Perugia, Spoleto e Terni sono stati esauriti 35.151 procedimenti, a fronte dei 32.537 sopravvenuti, per un totale di 30.442 fascicoli pendenti. Chiudendo quindi circa tremila procedimenti l'anno in più rispetto alle sopravvenienze, ci vorrebbero più o meno dieci anni per smaltirli tutti. Conto simile per il penale (comprendendo tribunali, gip e gup, Corte d'appello, Corti di assise, ma anche Dda e giudici di pace), dove però in un anno sono stati chiusi 114.961 processi, di cui 94.289 nuovi, con una rimanenza di 66.346 fascicoli pendenti: ci vorrebbero più di tre anni per farli arrivare tutti a sentenza.
Un problema serio per i cittadini, ma anche per magistrati, avvocati e personale che ogni giorno vedono crescere i faldoni sulle proprie scrivanie. A cui si aggiunge, secondo il presidente D'Aprile, la carenza sia di magistrati che di personale amministrativo, rispettivamente del 7,58 e del 20,17 per cento rispetto alle necessità. In procura generale, su 605 dipendenti, «risultano solo 485 effettivi. Questo il risultato – ha sintetizzato il pg Fausto Cardella – dell'inconcepibile blocco delle assunzioni protrattosi per oltre 20 anni».

Nella sola procura di Perugia, come riporta la relazione redatta dal procuratore reggente Giuseppe Petrazzini ripresa dal presidente D'Aprile, «le carenze in organico relative al personale amministrativo non importano mere difficoltà organizzative, ma rendono problematico lo stesso svolgimento della funzione giudiziaria». Davanti a una pianta organica di 64 unità e sole 52 in servizio, la mazzata arriva anche dai pensionamenti che non vengono reintegrati. Una situazione che «impone continue modifiche dell’organizzative del lavoro» che ovviamente rallentano la macchina ancor di più. Per la rabbia di tutti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA