Morta di influenza a 17 anni, la super perizia assolve definitivamente i medici: «Cause naturali»

Maria Elia
di Egle Priolo
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Mercoledì 11 Ottobre 2023, 07:15

PERUGIA - Diciassette anni, «nata a termine, parto normale, nessuna patologia congenita». Sana, bella, intelligente e con tutta la vita davanti. E invece il 27 marzo del 2022 alle sei del pomeriggio dopo poco più di un giorno di ricovero Maria Elia è morta per «cause naturali».

Lo ha stabilito la perizia affidata dal gip Natalia Giubilei ai professori Vittorio Fineschi e Monica Rocco, dopo la prima relazione medico legale svolta per la procura – con le medesime conclusioni -, la richiesta di archiviazione del pm Paolo Abbritti, l'opposizione della famiglia di Maria, il supplemento di indagini e ora le 54 pagine con cui gli esperti probabilmente mettono fine alla vicenda giudiziaria sulla morte della ragazzina dal sorriso aperto e gli occhi belli. Morta di influenza e virus. Morta per un destino schifoso. Morta di sfortuna.
Perché anche secondo i professori Fineschi e Rocco, come già sostenuto dai dottori Donatella Fedeli e Marco Borderi, Maria ha «contratto un’infezione da virus H1N1 in un momento antecedente l’accesso» al pronto soccorso. «Tale infezione – proseguono i periti - ha determinato un quadro di insufficienza respiratoria severa, al quale si è aggiunta un’insorta sovrainfezione batterica da Staphylococcus Aureus, eventi che hanno determinato un rapido peggioramento della condizione clinica della paziente». La causa della morte? «È riconducibile all’instaurarsi di uno stato di shock settico con insufficienza multiorgano. Trattasi, dunque, di un decesso per cause naturali».
Una verità che “assolve” i medici finiti sotto indagine nella seconda fase del procedimento, successiva all'opposizione del padre di Maria, Gennaro Elia, assistito dagli avvocati Nicodemo Gentile e Antonio Cozza. Nel registro degli indagati sono infatti finiti un anestesista e quattro specializzandi del Santa Maria della misericordia, difesi da Alessandro Vesi e Francesco Falcinelli, che come consulenti hanno nominato Mauro Bacci e Giuseppe Foti. Riguardo ai professionisti finiti nell'indagine (successiva anche a una ispezione ministeriale), la perizia è chiara: il loro comportamento «può essere ritenuto appropriato al caso di specie». In particolare, secondo Fineschi e Rocco, «è possibile asserire che non vi siano stati ritardi diagnostici nell’inquadramento della patologia, prontamente indagata dai sanitari sin dall’accesso della paziente al pronto soccorso. Altresì, non sono riscontrabili elementi di censura comportamentale nelle terapie adoperate, perfettamente congrue e aderenti alle raccomandazioni delle Linee Guida».
Restava quindi un unico quesito a cui trovare risposta, per far trovare pace a una famiglia distrutta dalla perdita di una figlia, per cause incomprensibili alla testa, ci si figuri al cuore di una mamma e un papà.

Se Maria fosse stata trattata con l'Ecmo, terapia per l’ossigenazione extracorporea, si sarebbe potuta salvare? «L’evoluzione del quadro clinico – chiudono i periti - è avvenuta in maniera particolarmente celere, elemento che non avrebbe cambiato l’esito della situazione clinica della Elia in caso di attivazione dell’Ecmo».

Quindi, niente. Non i medici, non le strumentazioni, non le cure né l'amore: il destino di Maria era già irrimediabilmente deciso, dall'ingresso al pronto soccorso fino al passaggio in terapia intensiva. In quella terribile domenica, due volte i medici - alle 10.30 e poi alle 16 - hanno avvisato i familiari della «gravissima condizione clinica» e nonostante tutto sia stato fatto, niente è stato abbastanza. E in attesa dell'udienza del 7 novembre, con gli esperti pronti a ripetere in aula i risultati della perizia, a un padre e a una madre resta – al posto della rabbia – solo la certezza scaldacuore che tutti abbiano fatto davvero di tutto per salvare il loro giovanissimo angelo.

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