«Amanda fa bene». Rabbia
contro il giudice dell'assoluzione

«Amanda fa bene». Rabbia contro il giudice dell'assoluzione
di Italo Carmignani e Egle Priolo
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Sabato 1 Febbraio 2014, 21:33 - Ultimo aggiornamento: 2 Febbraio, 12:17
PERUGIA - L’omicidio Kercher, i suoi processi e le lingue sciolte dei giudici, quasi in caduta libera.

Ultimo atto di un processo mediatico in cui il silenzio è solo quello che si respira nel cimitero di Mitcham Road, a Croydon, dove riposa Meredith, cinque miglia dalla casa di Coulsdon dove la sua famiglia la piange con discrezione. Il silenzio è solo lì. Perché dal silenzio prima della camera di consiglio, si è scatenata la tempesta. Con operatori di giustizia e fonti vicine alla procura di Perugia che non hanno apprezzato l’uscita di Claudio Pratillo Hellmann: «Amanda fa bene a restare in America». E se il giudice che nel primo processo d’appello assolse i due imputati Amanda Knox e Raffaele Sollecito fa sgranare gli occhi ad altri magistrati, il presidente della Corte d’assise d’appello di Firenze che li ha condannati per la seconda volta fa arrabbiare gli avvocati dell’informatico pugliese. Alessandro Nencini, infatti, intervistato dal Messaggero ha raccontato particolari della camera di consiglio finita con le condanne a 28 anni e mezzo e a 25. «La decisione così non è legittima», attaccano i legali.



C’è attesa per una risposta del procuratore generale Giovanni Galati e del sostituto Giancarlo Costagliola per le frasi del giudice (ora in pensione) Pratillo Hellmann, che ha sempre creduto alla versione e all’innocenza dei due ex fidanzatini. Ma quel suo spingersi ad appoggiare la scelta di Amanda a non lasciare l’America e quindi a provare a eludere una sentenza di condanna emessa nel nome del popolo italiano (fatta salva la complicata estradizione) ha fatto storcere il naso a diversi magistrati. E mentre la risposta forse non si farà attendere, fanno discutere le dichiarazioni del presidente della Corte che ha condannato Amanda a Raffaele. Nencini ha sottolineato il fatto che «Sollecito ha deciso di non farsi mai interrogare nel processo. Lui si è limitato a dichiarazioni spontanee, ha detto soltanto quello che voleva senza sottoporsi al contradditorio». Frasi che hanno fatto salire sugli scudi Luca Maori e Giulia Bongiorno: «Le sentenze si rispettano, le interviste no. È gravissimo, anzi inaccettabile, che il presidente Nencini abbia commentato pubblicamente quanto accaduto nel segreto della camera di consiglio e si sia spinto a criticare la strategia difensiva di Sollecito». «Ci chiediamo innanzitutto - affermano Bongiorno e Maori - se parla a nome di tutti i giurati e se la frase sul mancato interrogatorio di Raffaele Sollecito significa che, se avesse accusato Amanda Knox, sarebbe stato assolto». «In ogni caso, ricordiamo a tutti che ai magistrati compete il potere di giudicare - sottolineano i due difensori -, non quello di intromettersi nelle scelte della difesa e di commentarle pubblicamente. Nei prossimi giorni valuteremo le iniziative da intraprendere». Domani, infatti, gli avvocati e la famiglia di Sollecito si vedranno a Roma per decidere cosa fare: tra le ipotesi quelle di rivolgersi al Csm o alla procura generale della Cassazione. E magari, come già successo, chiedere addirittura l’annullamento della sentenza. Strada battuta e anche abbattuta, ma i legali, dopo quelle dichiarazioni, hanno tanti dubbi sulla legittimità della decisione. «Mi chiedo - dice infatti Luca Maori - che legittimità possa avere una Corte d'Assise che ha emesso una sentenza così grave e dirompente quando il proprio presidente ha rivelato, non con la motivazione ma in un'intervista, passi e circostanze. Chiedo quindi l’intervento del Csm e del procuratore generale della Cassazione perchè valutino attentamente le dichiarazioni, al fine di considerare non solo un’azione disciplinare ma anche la legittimità della decisione». «Ricordo - chiude Maori - che in seguito a un'intervista rilasciata dal dottor Claudio Pratillo Hellmann Pratillo, presidente della Corte d’assise d’appello di Perugia, gli è stata negata la presidenza del tribunale di Perugia pur essendo in possesso di tutti i requisiti formali per ricoprire quel posto».

Insomma, la battaglia prosegue rumorosa. Anche prima di arrivare in Cassazione. Solo l’avvocato di Amanda Luciano Ghirga dice no: «Mai come in questo caso il silenzio è d’oro». Come quello che nel cimitero di Croydon.

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