Le città visibili. In memoria di Giorgio Armillei/ L'architetto Francesco Andreani: «Terni luogo connesso con il mondo»

Le città visibili. In memoria di Giorgio Armillei/ L'architetto Francesco Andreani: «Terni luogo connesso con il mondo»
di Francesco Andreani
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Mercoledì 2 Marzo 2022, 10:08 - Ultimo aggiornamento: 3 Marzo, 23:50

In occasione dell'incontro di sabato 5 marzo Le città visibili. Idee e progetti per Terni ricordando Giorgio Armillei al Caos proponiamo alcuni spunti di riflessione sui temi che saranno trattati.

Fino a un decennio fa il tema della città invisibile era dominante. Il vero interesse era quello che c’era dietro la realtà della città, l’ideologia politica, la formazione e i processi, uno su tutti la lotta tra la speculazione edilizia e la qualità pubblica, ma poi anche i caratteri costanti della geografia e delle modalità dell’abitare, delle tipologie edilizie. Alcune tracce di quella città invisibile sono rimaste soprattutto nelle regole e nelle forme che perseverano nell’ambito disciplinare, piani regolatori, leggi urbanistiche, processi che parlano ancora di un movimento allora immaginato e non più corrispondente e reale.

La scomparsa di quella città invisibile lascia incredibilmente povera la nostra visione dell’oggi della città, della città reale. E’ come se non avessimo più strumenti e capacità di lettura. E’ come se non riconoscessimo una realtà e, a volte, la storia di questa realtà. Per questo è così importante parlare di visione, cercare una visione, cercare un punto di vista che possa indicare e far riconoscere il valore delle nostre “aggiunte”, perché di aggiunte, nel tempo lungo della città, si parla anche per il nostro tempo.

Vorrei fare degli esempi lontani e vicini, ideali e concreti di questa debolezza della visione.

La realtà urbana italiana è fatta da un tessuto di città di provincia che spesso costituiscono anche una grande realtà culturale ed economica. Questo tessuto civile italiano possiede caratteri e dinamiche di trasformazione solide e condivise, oggetto di studi e caratteri precisi, ai quali anche una città come Terni appartiene. Ma i modelli dominanti del futuro della città italiana sono assolutamente distanti, quartieri o meglio edifici costosissimi di Milano e Roma gestiti da fondi immobiliari internazionali, realtà di nicchia anche intellettuale, che hanno come contrappunto una diffusa indifferenza verso la realtà della città visibile, verso la scena urbana condivisa, popolare e diffusa della città visibile. Anche lo strumento oggettivamente più innovativo e fecondo per il futuro come quello dei bonus fiscali per l’edilizia ignora la scena urbana, non riconosce la presenza di temi collettivi, il recupero dei comparti di periferia, degli edifici di eccellenza storica dismessi, delle aree industriali decadute e preziose per evitare consumo di suolo. E Terni appartiene a questa grande storia, con punti di merito ed eccellenza. Uno dei punti notevoli di questa città, la fontana opera di un grande artista internazionale, è stata finalmente e meritoriamente restaurata e ritrovata,. Bellissima e grande l’opera ritrovata ma, e qui sta nuovamente il tema della necessità di una visione nelle grandi come nelle piccole cose, l’unica aggiunta che ci competeva, la scala che scende al sotterraneo, è di una singolare e inadeguata sciatteria. E così costruire delle villette unifamiliari nel centro di una città, tra una grande caserma dei carabinieri, un quartiere di palazzi e la ferrovia, è soprattutto assenza di una visione più grande. E’ giusto dire che questa decadimento della visione non è un tema politico, non c’entra con destra e sinistra, è un fenomeno trasversale e diffuso, a prescindere dalle appartenenze e dal colore occasionale dei poteri.

Giorgio Armillei possedeva come doti personali i caratteri di una grande visione delle cose.

In primo luogo la connessione con il mondo, la necessità di riconoscere una realtà locale sempre in un contesto più grande, di alzare lo sguardo, di conoscere, di ampliare il perimetro delle riflessioni, di portare nella città locale il segno di nuovi orizzonti, di nuovi eventi. Poi il secondo punto del metodo, la libertà. ovvero la libertà di pensare, di rimuovere pregiudizi e consuetudini. E’ questa libertà che ci permette di superare e raggiungere cose che sembrano immodificabili o addirittura impossibili. La terza dote pubblica di Giorgio è stato il realismo. Il gioco dell’immaginazione, della connessione e della libertà è sterile senza il realismo, senza una conoscenza dei limiti e delle identità di un luogo.

Aggiungo una quarta dote, che considero la più importante e forse quella che manca di più a molti di noi, in questa sua assenza “temporanea”. Giorgio Armillei era testimone di passione e amore verso le persone. Direi che il suo entusiamo e il calore della sua presenza non era stima o giudizio intellettuale, era la cifra di un uomo che amava le persone, amava conoscerle ed era curioso, attento nel valorizzarle, nel promuoverle e aiutarle, nel suo possibile. E’ stato un grande testimone di questa passione disinteressata e questo manca. Manca anche alla città che ha bisogno di presenze che promuovano le identità, che abbiano cura di quanto accade in un luogo e in una città, perché in ogni luogo e in ogni città qualcosa accade, basta solo riconoscerlo e averne cura. Non ha solo bisogno di politici, la città, ha proprio bisogno di persone che si occupino di altre persone, con libertà, passione e disinteresse, e in nessun caso come nel caso di Giorgio, questa parola ha un significato ed una corrispondenza esatta. Una città senza Giorgio, e anche senza questo tipo di persone, è una città più povera e pìù piccola.

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