Città di Castello, imprenditrice agricola coltiva 14 chili di marijuana: per il giudice non è reato

Città di Castello, imprenditrice agricola coltiva 14 chili di marijuana: per il giudice non è reato
di Enzo Beretta
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Mercoledì 29 Novembre 2023, 08:35

Nell'agosto 2022 venne trovata con 14 chili di marijuana: quindici mesi più tardi è stata assolta perché «il fatto non costituisce reato». Protagonista della vicenda è un'imprenditrice agricola 59enne di Città di Castello indagata dalla Procura di Perugia per aver coltivato piante di canapa indiana alte fino a un metro nel proprio appezzamento di terreno di 1.400 metri ma anche per aver detenuto nell’abitazione e negli annessi oltre 14 chili di marijuana. La decisione dell'assoluzione è stata presa ieri mattina dal giudice per l'udienza preliminare Margherita Amodeo al termine del processo con rito abbreviato condizionato alla perizia della tossicologa Paola Melai. Per l'imputata la Procura aveva sollecitato una condanna a un anno di reclusione e tremila euro di multa. «Non si può certo parlare di spaccio perché non è stata dimostrata la cessione a terzi, c'è perfino una direttiva della Comunità europea che incentiva questo genere di coltivazione - spiega l'avvocato Andrea Castori -. La mia cliente aveva messo su questo tipo di piantagione di cannabis sativa light, nella fattispecie da fibra, denunciandola regolarmente ai carabinieri, in aula ho sostenuto che il fatto non costituisce reato in quanto è consentito dalla legge».

Il capo di imputazione racconta che sono stati rinvenuti quasi duecento «arbusti di canapa indiana, alcuni dei quali con infiorescenze, con altezza da 70 centimetri a un metro» e che la donna «deteneva nell’abitazione rurale e negli annessi agricoli marijuana proveniente dalla coltivazione avente un peso lordo di 14,4 chili, con percentuale media di purezza Thc tra lo 0,3 e l’1,7% (come si evince dagli accertamenti tecnici del Laboratorio analisi sostanze stupefacenti dei carabinieri)».

Le sostanze sequestrate sono state esaminate dalla Melai secondo cui i reperti rinvenuti in alcuni scatoloni e cassette della frutta è «costituito da materiale vegetale grossolanamente triturato ed essiccato, composto da rami, rametti, foglie e infiorescenze di cannabis sativa, fenotipo da fibra e pertanto non idoneo per produrre azione stupefacente e quindi non classificabile come appartenente al gruppo delle sostanze azione stupefacente e/o psicotrope».

Per quanto riguarda, invece, «la sostanza vegetale essiccata (trinciato e infiorescenze) contenuta in altre buste, risulta essere costituita da 3.658 grammi di marijuana (preparazione a base di foglie e infiorescenze di Cannabis Sativa, contenuta nella II delle tabelle allegate al Dpr 309/90 e successive modifiche) invecchiata e/o mal conservata e contenente, al momento delle analisi, una percentuale media di Thc pari allo 0,69%, equivalente a 26.021 milligrammi di principio attivo puro con i quali potevano essere confezionate circa 1.041 dosi medie singole dotate di azione stupefacente e contenente 25 milligrammi di Thc ciascuna».

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