Foligno, nato invalido per cesareo ritardato: 3 medici devono risarcire quasi due milioni

L'ospedale di Foligno
di Luca Benedetti e Giovanni Camirri
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Sabato 25 Giugno 2022, 08:30 - Ultimo aggiornamento: 08:42

Tre medici ginecologi in servizio all’epoca dei fatti al San Giovanni Battista dovranno risarcire la Asl 2 di quasi due milioni di euro per i gravissimi danni provocati a un bimbo nato invalido praticamente al 100%. La sentenza è della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti dell’Umbria e arriva dopo che l’Azienda sanitaria, allora Asl 3, aveva risarcito il danno patito dalla famiglia. In particolare, in sede di quel giudizio, era emerso che il neonato aveva subito «gravissime lesioni iatrogene consistenti in ipoanossia cerebrale prolungata con conseguente grave invalidità permanente», causate dai sanitari. Secondo i giudici contabili, che ricostruiscono i fatti in una lunga e dettagliata sentenza, i tre medici, hanno sottoposto la partoriente a un cesareo tardivo. I fatti risalgono al 5 settembre 2002, vent’anni fa.
La procura regionale della Corte dei Conti si era mossa a seguito della sentenza del tribunale civile di Perugia, sezione distaccata di Foligno, dopo la condanna delle Asl 3 a cui aveva fatto seguito l’intervento della compagnia di assicurazione per coprire il danno.
I medici condannati sono Franco Lombardo, Piero Margiacchi e Daniela Iannucci. Del 1.884.177,79 di euro complessivi della condanna contabile che i tre dovranno versare alla Asl 2, la parte più corposa è quella imputata al dottor Lombardo (1.130.470,67 euro) in base alle responsabilità individuate dai periti che hanno lavorato per il collegio oggi presieduto da Piero Carlo Floreani. Il dottor Marghiacchi, invece, dovrà pagare 565.235,34 euro e la dottoressa Iannucci 188.411,78 euro. Scontato il ricorso in appello. I tre professionisti erano assistiti dagli avvocati Matteo Frenguelli, Enzo Betori e Antonio D’ Acunto con Maria Grazia Giovagnoli e Valter Angeli.
Secondo i giudici contabili «l’ampia, esaustiva e dettaglia perizia dei consulenti tecnici (il ctu è stato cambiato durante il processo, ndr), in modo certosino, ricostruisce tutta l’evoluzione delle fasi del trattamento sanitario ricevuto dalla paziente segnalando le gravi omissioni e scorrettezze compiute da tutti i convenuti, sia pure in misura diversa.

In primo luogo viene segnalata la scorretta tenuta della cartella clinica...tra cui alcune falsità documentali non irrilevanti, relative soprattutto all’indicazione degli orari (numerose cancellature, senza possibilità di leggere quanto cancellato; orari non coincidenti con il possibile svolgimento dei fatti reali)». E ancora: «In secondo luogo si evidenzia l’omessa acquisizione del consenso informato della gestante. Trattandosi di partoriente con previo cesareo i medici avrebbero dovuto avvertire la gestante in modo dettagliato circa le opzioni praticabili e i rischi ad esse connesse. Qualora la gestante fosse stata avvisata dei rischi ipotetici iniziali e di quelli via via attualizzatisi durante il corso del ricovero ospedaliero avrebbe potuto scegliere spontaneamente la via del parto cesareo, al fine di evitare di far correre rischi al nascituro. Dalla documentazione emerge che tale informazione non sia stata fornita alla gestante da alcuno dei tre sanitari convenuti. Nella cartella clinica sono evidenti gravi carenze».

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