L'esplosione della fabbrica di cannabis
può essere colpa di una miscela sbagliata

L'esplosione della fabbrica di cannabis può essere colpa di una miscela sbagliata
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Lunedì 10 Maggio 2021, 08:38 - Ultimo aggiornamento: 08:39

GUBBIO Sarebbe stata una miscela sbagliata, dunque un errore umano, a innescare la prima esplosione nella tragedia di venerdì scorso al laboratorio dove si lavorava soprattutto la cannabis light per scopi terapeutici. Nelle indagini subito avviate lo avrebbe rivelato direttamente Alessandro Rossi, titolare con Gabriele Muratori dell’azienda Green Genetics Società Semplice Agricola, collegata alla società Greenvest che commercializza quanto prodotto in quello stabile. Entrambi risultano indagati nel fascicolo aperto dalla Procura della Repubblica di Perugia che ipotizza disastro e omicidio colposo e lesioni dopo la morte del diciannovenne Samuel Cuffaro, di origini siciliane, e della cinquantaduenne Elisabetta D’Innocenti. Rossi è stato ricoverato all’ospedale di Branca avendo riportato vaste ustioni su tutto il corpo, con intervento d’urgenza venerdì sera eseguito dall’equipe della chirurgia ricostruttiva diretta dal dottor Marino Cordellini (prognosi di guarigione 30 giorni). La domanda che rimbalza nella testa degli inquirenti è innanzitutto una: si trovava nella sede più idonea quell’attività che utilizzava solventi e altre sostanze chimiche in quantità anche considerevoli? L’interrogativo circola anche nell’opinione pubblica che a Gubbio è rimasta sotto choc per quanto accaduto. Saranno dirimenti per stabilirlo gli accertamenti tecnico-scientifici coordinati dal sostituto procuratore Gemma Miliani, che oggi farà il punto della situazione e si appresta a nominare un consulente tecnico per mettere al setaccio il luogo con quel che resta dell’edificio divorato dalle esplosioni e le fiamme violente al vocabolo Canne Greche nella zona di Sette Strade. Sull’inchiesta c’è il più stretto riserbo anche se emergono indiscrezioni sempre più inquietanti sulla vicenda piena di lati oscuri da verificare attraverso l’attività investigativa delle forze dell’ordine, a cominciare dai Carabinieri della Compagnia di Gubbio guidati dal capitano Fabio Del Sette. L’idoneità dei locali, al di là del regolare contratto di affitto già accertato e le relative autorizzazioni, sta sollevando diffuse perplessità, come evidenziato per esempio dalla famiglia Cuffaro che si è affidata all’avvocato Ubaldo Minelli. Testimonianze di chi vive nella zona riportano che da quello stabile uscivano spesso, in certi giorni, delle fumate e si avvertiva odore acre. Nel fascicolo della Procura sembra esserci soprattutto l’aspetto dell’attività in quei locali, oltre a dover capire sino in fondo cosa ha scatenato la furia della prima esplosione da cui sono seguite le altre (tre-quattro in un’ora, come ha rivelato al Messaggero il pensionato eugubino Venusto Minelli, testimone di quanto stava accadendo nei terribili momenti della tragedia). Inizialmente i vigili del fuoco, accorrendo sul posto dopo l’allarme, avevano pensato che lo scoppio fosse dovuto a una fuga di gas, però sulla scena dell’incidente hanno riscontrato la presenza in quantità considerevoli di solventi (perfino fusti da due quintali) e altre sostanze altamente infiammabili utilizzate nel laboratorio. Verranno esaminati attentamente i fusti di pentano e verificato ogni minimo aspetto della reazione a catena tale da investire anche altri contenitori, fino alla deflagrazione. Servirà una perizia particolarmente approfondita, non escludendo una verifica in un laboratorio gemello attivo nelle Marche. Sarà un lavoro di ricostruzione difficile e lungo. In queste ore c’è anche spazio per i ricordi: una tragedia analoga è avvenuta quarant’anni fa alle cementerie Barbetti, in circostanze e contesti diversi. Era il 7 maggio 1981 quando un incidente sul lavoro strappò la vita a due eugubini. Anche allora la città rimase profondamente scossa. Quella di oggi sarà una giornata di mobilitazione sindacale: Cgil, Cisl e Uil hanno ufficializzato un presidio, alle ore 10, sotto la prefettura con richiesta d’incontro al prefetto Gradone, ritenendo «inaccettabile quello che continua ad accadere in Umbria, come nel resto del Paese. Non ci vogliamo rassegnare a questo stillicidio di vittime inermi». 
Mas

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